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 2016  aprile 14 Giovedì calendario

Il cda di Rcs boccia l’offerta di Cairo perché troppo bassa

L’offerta di Urbano Cairo per Rcs è troppo bassa. O almeno così appare al consiglio di amministrazione della casa editrice che si è riunito ieri per esaminare l’annuncio di una prossima offerta arrivato venerdì scorso. Il cda ha snocciolato un po’ di numeri e qualche motivazione al riguardo. Innanzitutto ha confermato che l’offerta «non è stata concordata né preventivamente comunicata alla società». Dunque non è da considerarsi amichevole. Poi fa riferimento alle valutazioni degli analisti la cui media si attestava, l’8 aprile scorso, a 0,81 centesimi di euro per azione, quando l’offerta di Cairo valuta Rcs a 0,551 euro prima dello stacco del dividendo e 0,527 euro dopo lo stacco. Da cui si deduce che l’offerta di Cairo è «significativamente a sconto» anche perché il titolo Rcs nell’ultimo trimestre è stato influenzato negativamente dall’annuncio di Fca che distribuirà la propria partecipazione tra i soci. Inoltre il duro negoziato con le banche ha aumentato la possibilità di dover ricorrere a un aumento di capitale e dunque anche questo fattore ha fatto scendere le quotazioni di via Solferino. Insomma, come è già stato osservato da più di un analista, Cairo ha scelto il timing giusto per lanciare l’Ops, visto che in questa fase le quotazioni di Rcs sono depresse. Ma non potrebbe essere altrimenti visto che l’ebitda 2015 del gruppo è stato di soli 17 milioni anche se i risultati al 31 marzo 2016, dice il cda, «risultano in netto miglioramento».
L’azione di risanamento avviata da Laura Cioli, però, rischia di congelarsi per effetto delle condizioni che Cairo ha sottoposto nella sua offerta, che escludono rimborsi dei crediti fino all’approvazione del bilancio 2017. «Il comunicato dell’offerente incide sull’operatività della società – scrive il cda di Rcs – e potrebbe interferire con le trattative in corso con le banche creditrici». Quindi si chiama in causa la Consob per «chiarire la natura e la portata della predetta condizione, tenuto conto che la società intende proseguire nelle trattative con l’obbiettivo di portarle a compimento in tempi brevi».
La faccenda, dunque, comincia a ingarbugliarsi e come ogni Opa che si rispetti gli avvocati sono al lavoro. Nelle scorse settimane, infatti, il negoziato con le banche è rimasto incagliato per la scarsa disponibilità di Intesa Sanpaolo a sganciare il rimborso dei crediti dall’obbligo di ricorrere all’aumento di capitale. Nello stesso tempo Banca Imi (il braccio nell’investment banking di Intesa) affiancava Cairo nella formulazione dell’offerta. Inoltre, gli altri creditori, a partire da Ubi ma forse anche Bnl e Bpm, hanno mostrato interesse verso la discesa in campo dell’editore alessandrino che ha liquidità in cassa e potrebbe permettere un rientro del debito più veloce. «Cairo mi ha fatto un’ottima impressione, è molto determinato e ha idee chiare per realizzare il piano industriale – ha detto Carlo Messina, ceo di Intesa Sanpaolo -. Non siamo editori, ma grandi creditori di Rcs così siamo interessati a tutte le soluzioni industriali che possono funzionare nell’interesse degli azionisti. E comunque non ho preclusioni ad altre soluzioni».
Un secondo via libera è arrivato da un investitore ben conosciuto al mercato come Gianni Tamburi che diventerà azionista di Rcs attraverso il conferimento della quota di Fiat Chrysler. Tamburi ha anticipato che aderirà all’offerta e ha aggiunto che, «da quello che sento sul mercato è un’operazione molto gradita. L’azienda passa in mano a un editore puro ed è un fatto positivo in questo momento».