La Gazzetta dello Sport, 14 aprile 2016
Milano ieri ha guadagnato il 4,13%, un balzo impressionante e che hanno capito solo gli addetti ai lavori perché la gente qualunque vede segni di ripresa discordanti, è vero che domenica prossima, a Doha, i paesi produttori di petrolio potrebbero/dovrebbero decidere di tagliare la produzione, con effetti benefici sul prezzo (si spera che salga, anche se tutti hanno scorte enormi, cioè non c’è neanche troppo bisogno di comprare), ma le importazioni cinesi - per esempio - continuano a calare, meno 11,5% a marzo e meno 11,3% nei primi tre mesi

Milano ieri ha guadagnato il 4,13%, un balzo impressionante e che hanno capito solo gli addetti ai lavori perché la gente qualunque vede segni di ripresa discordanti, è vero che domenica prossima, a Doha, i paesi produttori di petrolio potrebbero/dovrebbero decidere di tagliare la produzione, con effetti benefici sul prezzo (si spera che salga, anche se tutti hanno scorte enormi, cioè non c’è neanche troppo bisogno di comprare), ma le importazioni cinesi - per esempio - continuano a calare, meno 11,5% a marzo e meno 11,3% nei primi tre mesi. In ogni caso: tutte le borse europee ieri sono salite, ma nessuna ha avuto un balzo simile a quello di Milano.
• Dunque c’è qualcosa. Che cosa?
Il famoso fondo Atlante.
• Sarebbe?
Parecchia gente che s’è messa insieme per salvare il nostro sistema bancario abbastanza il bilico.
• Mica si può. L’Unione Europea vieta gli aiuti.
Ma questi sono privati, a parte un 20% che è pubblico. L’Unione Europea vieta gli aiuti di stato. È aiuto di stato un intervento che proviene da una società privata per l’80%? Sarà difficile da sostenere.
• Okay. Adesso spieghiamo bene.
Conviene partire dal concetto di «aumento di capitale», che forse ho già spiegato, ma che converrà rispiegare in due parole. Io e lei decidiamo di aprire una pizzeria. Dobbiamo comprare i tavoli, le sedie, le stoviglie, affittare il locale, assumere i cuochi e i camerieri, e tutto il resto. La società che costituiamo ha bisogno di soldi. Partiamo e mettiamo, per ipotesi, cinquantamila euro a testa. La società però va male, i soldi finiscono e invece sappiamo che con altri soldi potremmo migliorare il servizio e cominciare a guadagnare. Variamo un aumento di capitale, magari del 100 per cento, cioè portiamo il capitale da 100 mila a 200 mila euro. Ammettiamo cioè altri soci, con i soldi, rassegnandoci a dimezzare la nostra quota. Se nessuno mette i soldi, chiudiamo. Se qualcuno mette i soldi andiamo avanti. Bene, quella che le ho descritta è la situazione in cui si trovano parecchie banche italiane, e soprattutto due banche che rischiano ancora di fare la fine di Etruria e delle tre altre saltate per arie pochi mesi fa. Si tratta della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, che chiedono al mercato due miliardi e mezzo e non è detto che il mercato sia disposto a darglieli, dato il disastro combinato negli ultimi anni (sono dello stesso livello del quartetto capeggiato da Banca Etruria). Quando una banca vara un aumento di capitale, c’è sempre un’altra banca o un consorzio di banche che garantisce. Che cosa garantisce? Che se nessuno accetterà di partecipare all’aumento, sarà la banca che garantisce a farsi carico dell’aumento, cioè a comprare il cosiddetto «inoptato» (l’aumento di capitale si fa comprando delle opzioni, le opzioni non comprate si chiamano in gergo «inoptato», merce rimasta sul banco che nessuno ha voluto). Il primo aumento di capitale che parte, lunedì prossimo, è quello della Popolare di Vicenza. Garantisce Unicredit. Se nessuno è disposto a mettere i soldi in PopVicenza, i soldi dovrà metterli Unicredit. Non è un rischio da poco.
• A che punto arriva questo Atlante?
L’altro ieri. Si mettono d’accordo Unicredit, Intesa e altre 13 banche minori, tra cui anche qualche straniera. Mettono sul tavolo tre miliardi. Un altro miliardo arriva dalle compagnie assicurative. Cinquecento milioni dalle Fondazioni. Un secondo mezzo miliardo dalla Cassa Depositi e prestiti (pubblica) e un terzo mezzo miliardo dalla Sga, la società che ha gestito le sofferenze del Banco di Napoli (1997) e che ha recuperato l’85% dei crediti di quell’istituto. Un ultimo mezzo miliardo dovrebbe arrivare da altri investitori. La società che si è creata con i sei miliardi è appunto questa Atlante, che sarà gestita dalla Quaestio Capital Management di Alessandro Penati. Con i sei miliardi, Atlante si propone: di comprare gli inoptati dei prossimi aumenti di capitale bancari; di comprare le sofferenze bancarie, valutandole non ai valori di mercato (17-20% del nominale) ma ai valori di carico che le banche hanno in bilancio, cioè circa il 40%. Programmaticamente, quelli di Atlante si propongono di salvare il sistema, come se non avessero fini di lucro. E potrebbe esser questo ad allarmare Bruxelles e a indurla a sospettare che i soggetti in questione sono all’80% privati, ma che devono essersi fatti promettere qualche cosa - e qualche cosa di grosso - per comportarsi come si comportano, cioè da benefattori dell’umanità. È vero che nessuno ha interesse a far saltare un intero sistema, ma non sarà anche che Renzi è troppo furbo? Chissà. Fitch dice che Atlante porterà a una diminuzione secca di valore delle grandi banche italiane. Il mercato però non crede a questi menagramo. Ieri a Milano hanno comprato alla grande, e il comparto bancario ha segnato addirittura un +8%.