Libero, 13 aprile 2016
Il ripristino dei controlli alla frontiera con l’Austria costerebbe all’interscambio commerciale 140 miliardi l’anno l’anno
L’Italia divenne una Nazione Unita avendo l’Austria come nemico, c’è perfino un’imprecazione contro l’Austria nell’ultima e peraltro mai cantata strofa del nostro inno, e giusto cent’anni fa i nostri nonni e bisnonni combattevano tra trincee e montagne la Grande Guerra che forgiò la nostra identità e la nostra modernità. Però tra Risorgimento e Grande Guerra con l’Austria eravamo stati strettamente alleati, lo tornammo ad essere all’epoca di Mussolini e Dollfuss, e lo siamo stati di nuovo dopo il 1945, anche prima dell’ingresso dell’Austria nell’Unione Europea. Quella stessa questione altoatesina-sudtirolese che avrebbe potuto essere il più grave degli inciampi per la collaborazione a partire dall’accordo De Gasperri-Gruber è invece divenuta a livello internazionale un esempio da manuale di come risolvere i problemi etno-irredentisti. E proprio nel centenario della Prima Guerra Mondiale il Mulino ha pubblicato un libro collettaneo di autori italiani e austriaci assieme che è stato intitolato La guerra italo-austriaca (1915-18) e in cui i curatori Nicola Labanca e Oswald Überegger osservavano come a un secolo di distanza per entrambi i popoli l’antico «nemico ereditario» degli avi sia diventato soprattutto una popolarissima meta di vacanze. Per gli Italiani in Austria come per gli Austriaci in Italia. Attrattive paesaggistiche e culturali a parte e a parte la cooperazione intertirolese, l’Austria è comunque di mezzo nelle comunicazioni tra l’Italia e la Germania: le due più grandi potenze manifatturiere d’Europa. Ed è anche importante per andare tra l’Italia e l’Europa dell’Est, in cui la nostra economia ha delocalizzato in modo massiccio.
Dunque, non è propriamente uno scherzo se l’Austria con la storia dei migranti inizia a frapporre ostacoli alle frontiere. Solo il ripristino di controlli annunciato, secondo una stima che l’Osservatorio Conftrasporto-Confcommercio sui Trasporti e la Logistica ha fatto in collaborazione con l’Isfort, costerebbe al nostro interscambio commerciale almeno 140 miliardi di euro all’anno. Oppure, detto più in dettaglio: ogni ora in più di tempo che i camion in transito da e per l’Italia attraverso l’Austria devono perdere per via della reintroduzione dei controlli doganali costerebbe 170 milioni l’anno. Semplicemente per i maggiori costi di gestione di mezzi e conducenti. E le ore potrebbero essere parecchia, se si ricordano le code chilometriche che c’erano al Brennero prima di Schengen.
Secondo Palo Uggè, Presidente di Conftrasporto e Vice Presidente di Confcommercio, in realtà le esigenze di sicurezza potrebbero essere soddisfatte attraverso un sistema di trasmissione preventiva dei dati di trasporto per le imprese extra comunitarie, con l’attivazione di un corridoio di libero scambio per tutti i vettori europei. Ma è evidente che a pochissimi giorni dal voto presidenziale austriaco del 24 aprile nell’attuale allarme popolare per la minaccia jihadista vi è anche una componente psicologica, cui solo la materialità della visione dei doganieri in perquisizione può rispondere.
Peraltro, non c’è solo l’Austria. Negli ultimi tempi anche Norvegia, Danimarca, Belgio, Francia, Svezia e Germania nell’Area Schgengen avevano disposto misure di «reintroduzione temporanea» dei controlli. Al momento, la media dei transiti al Brennero è di 20-25 migranti al giorno. Secondo il ministro degli Esteri austriaco Sebastian Kurz, però, «è arrivato il momento di dire basta. Lo scorso anno in Austria sono arrivati 90.000 profughi, un numero insostenibile».