il Fatto Quotidiano, 13 aprile 2016
L’abusivismo non conosce crisi
Quattro milioni e 600 mila abusi edilizi registrati in Italia dal 1948 a oggi. Sono 74 mila costruzioni illegali all’anno.
Una malattia storica del nostro Paese, che i condoni tombali (1983, 1994, 2003) hanno reso ancora più grave. Lunedì una tavola rotonda nella sede della stampa estera, a Roma, ha fatto il punto sul fenomeno. L’ha organizzata la deputata del Movimento 5 Stelle, Claudia Mannino, con la partecipazione di un gruppo di autorevoli urbanisti, ricercatori e storici (tra gli altri, Paolo Berdini, Tomaso Montanari, Giuseppe Roma).
L’abusivismo, scopriamo, non conosce crisi. O meglio: paga il crollo del mattone, ma in percentuale molto inferiore al mercato legale: “I numeri dell’edilizia residenziale – ha spiegato Lorenzo Bellicini, direttore del Cresme (Centro ricerche economiche e sociali del mercato) – negli ultimi 30 anni sono diminuiti del 76%, quelli dell’edilizia abusiva del 36%”. Nel 2015 i nuovi fabbricati residenziali “in nero” sono 18 mila (dati Cresme), una media di quasi 50 al giorno.
E lo Stato paga. Il danno non è solo ambientale e culturale, ma pure economico: ogni immobile abusivo costa in media 24.000 euro di oneri di urbanizzazione (quelli per i servizi essenziali, come trasporti, fognature, illuminazione). I condoni sono stati un fallimento. Un fallimento etico, del diritto, ma soprattutto finanziario e di pianificazione: i 15 miliardi di euro ottenuti con i tre condoni tombali degli ultimi 30 anni corrispondono a poco più della metà (54,3%) del gettito che lo Stato aveva calcolato di ottenere. Le centinaia di migliaia di richieste di sanatoria hanno ingolfato gli uffici comunali. Solo per il condono del 2003 sono arrivate 214.716 istanze (fonte Legambiente/Cresme), il 64,7% delle quali è ancora in attesa di risposta.
Fin qui i numeri. Ma la storia dell’abusivismo italiano è nelle città, nell’improvvisa “insorgenza di nuovi quartieri” delle metropoli, soprattutto da Roma in giù. Nella Capitale, stima Carlo Cellamare (professore di Urbanistica della Sapienza), “un terzo del tessuto urbano – per superficie e non per cubatura – è abusivo. E nella ‘città abusiva’ abitano circa 800 mila persone”.
Alle porte di Napoli c’è Casavatore, dove il cemento è arrivato a occupare addirittura l’85% dell’area comunale (dati Ispra). In provincia di Caserta c’è Casal di Principe, patria dei Casalesi e del mattone selvaggio: sono state censite 1.300 abitazioni abusive in una città da 21.000 abitanti. Nemmeno il sindaco anti camorra, Renato Natale, sa come invertire rotta. si è schierato contro le demolizioni, per i costi sociali, – la necessità abitativa – economici e ambientali: non si saprebbe nemmeno dove seppellire il materiale di risulta.
C’è lo scempio di Paestum: altre 3 mila case abusive attorno ad una delle aree archeologiche più belle del mondo, o quello della Valle dei Templi di Agrigento, dove i manufatti illegali continuano a resistere a distanza di 18 anni dalla sentenza che ne ha ordinato la demolizione. O ancora le “terrazze del Presidente”, mega complesso abusivo da 1.300 appartamenti e 12 palazzine a Roma Sud, costruito dall’imprenditore Antonio Pulcini (il cui nome torna nelle carte di Mafia Capitale): il reato è stato dichiarato prescritto il primo aprile.
La risposta in Parlamento? Il ddl Falanga (dal nome del senatore verdiniano) è stato approvato in Senato e ora è in commissione Giustizia alla Camera. Per urbanisti e Legambiente, serve solo a rendere le demolizioni ancora più difficili.