La Stampa, 13 aprile 2016
In Marina il lusso è servito
Certo, a leggere sull’anonimo che appassiona l’Italia che l’attuale Capo di stato maggiore della Marina, l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, accoglieva su un molo di New York gli ospiti della «sua» Vittorio Veneto in sella a un cavallo bianco, c’è quasi da ridere. Particolare nemmeno smentito, peraltro, dalla nota ufficiale della forza armata, che ha precisato il contesto: la polizia a cavallo di New York aveva dedicato un evento alla nave italiana.
I cavalli, insomma, c’erano. E però bisogna anche capirlo, il comandante De Giorgi. La chiamano «diplomazia navale» ed è una materia che agli ufficiali in bianca divisa insegnano all’accademia: quando una nave da guerra entra in un porto straniero, è un lembo d’Italia. Il suo comandante deve muoversi con le accortezze, il garbo e anche lo status di un ambasciatore. Metteteci poi l’antica tradizione «british» della nostra Marina, e il lusso è servito.
Qualche volta con la «diplomazia navale» si esagera. Che dire, ad esempio, del periplo dell’Africa che fu affidato alla portaerei Cavour due anni fa? Ministro della Difesa era Mario Mauro, premier Enrico Letta. Una squadra navale fece sei mesi di crociera toccando Kuwait, Qatar, Dubai, Bahrein, e poi Sudafrica, Angola, Congo. A bordo c’erano stand della nostra industria militare: spesso le navi restavano in rada e con gli elicotteri si portavano a bordo gli illustri ospiti. La crociera aveva un espresso scopo promozionale per vendere armi in Medio Oriente, in diretta concorrenza con una crociera analoga dei francesi. Disgustò i pacifisti di casa nostra e costò obiettivamente uno sproposito: 33 milioni di euro. In parte le spese erano pagate da Finmeccanica e Fincantieri.
Il Cavour aveva fatto una missione simile qualche anno prima, questa però all’insegna della cooperazione umanitaria. Era andato a Haiti a portare soccorso ai terremotati. «Decisi io la missione – ricorda l’ex ministro Ignazio La Russa – forzando anche un po’ la mano ai militari. Se abbiamo un simile fiore all’occhiello, dissi, dobbiamo lasciarlo in porto?». Ed era «diplomazia navale» anche quella.
Molto più di Esercito e Aeronautica, è la Marina che per sua natura gira il mondo e mostra il gran pavese. Onori e oneri, quindi. Sapendo che non c’è scampo se si sbaglia. Proprio Giuseppe De Giorgi, per dire, da comandante del Vittorio Veneto, nel 1998 incappò in una spiacevole vicenda durante una sosta in Brasile. Ne diede conto un’interrogazione del deputato Sandro Delmastro Delle Vedove, di Alleanza nazionale, che chiedeva come fosse mai possibile che il giornale di Recife parlasse di «turismo sessuale» a bordo del nostro incrociatore. Si scoprì che tutto ruotava attorno a una festa organizzata in porto per l’elezione di «Miss Vittorio Veneto» e a una protesta vibrata della direttrice dell’Instituto de cultura Brasil-Italia di Recife, Cristina Elisabeth Presbitero.
Equivoci. Come forse per quella circolare della Marina, emanata nel 2012, per ricordare che il comandante della Squadra navale, guardacaso sempre De Giorgi, voleva trovare «idonea bottiglia di spumante/champagne tenuta in fresco, nonché biscotti al burro e mandorle da tostare al momento a cura del cuoco di servizio».
È che qualche volta lo status dà alla testa. A un certo punto, la Marina degli Stati Uniti decise di abbandonare Napoli e la nostra Marina si precipitò ad accaparrarsi Villa Nike, 2 mila metri quadri sulla collina di Posillipo con vista mozzafiato sul Golfo per l’ammiraglio in capo.
Appena arrivata al ministero, Roberta Pinotti bocciò l’acquisizione e fece restituire l’immobile al Demanio perché fosse messo in vendita. Cominciò allora una sorda guerriglia contro la ministra. Tanto più che Pinotti con la Legge di Stabilità del 2014 fece anche ridurre gli alloggi di rappresentanza per generali e ammiragli da 55 a sei. Appartamenti enormi, fino a 600 metri quadri, tutti marmo e legno, che ogni anno costavano 3 milioni di euro per pulizie e mantenimento. I mugugni si sentono ancora oggi.