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 2016  aprile 13 Mercoledì calendario

Adieu a Ibra, a Cavani e a Blanc. Adieu al Psg tutto: gli manca sempre un soldo per fare una lira

Adieu. Niente va più, signori, tornate la prossima volta, ma chissà se ci sarete. Adieu a Zlatan e a Cavani, che quando l’asticella si alza rimangono sgomenti, e allora è proprio un vizio. A monsieur Laurent Blanc e al suo stecchino di plastica sempre tra i denti, finché non lo ingoia nel pathos della sconfitta, mentre il casco d’argento di Manuel Pellegrini rifulge sotto i riflettori delll’Etihad Stadium con 50mila mancuniani che cantano Hey Jude, però alla fine dicono “City”. Adieu al Psg tutto, al suo progetto cui manca sempre un soldo per fare una lira, e per loro dev’essere davvero una nemesi micidiale, ai suoi centrocampisti che spariscono sul più bello, tra malanni cronici e muscoli di seta. Adieu anche stavolta ai quarti di finale, e sono 4 anni che finisce così: dalla sua reggia a Doha, il signor emiro al-Thani non avrà apprezzato, e chiederà lumi. In semifinale va il Manchester City, per la prima volta nella sua storia, e si può immaginare il tripudio dell’altro sceicco, Mansour al-Nahyan da Abu Dhabi, almeno lui ce l’ha fatta a dare un senso a queste colossali spese per creare dal nulla una squadra di calcio. Non a caso nei suoi otto anni di gestione l’acquisto più costoso è stato Kevin De Bruyne, 73 milioni, ed è del belga, ormai senza discussioni tra i migliori dieci giocatori d’Europa perché ha gambe formidabili, tecnica e intelligenza tattica, il cesello decisivo, al minuto 76: controllo ai 20 metri, dribbling facile a quell’anima pallida di Cavani, destro sibilante nell’angolo sinistro di Trapp, good night Qatar.
Parigi brucia, la botta sarà pesantissima per tutti, ora si apre un nuovo futuro, chissà di che tipo. Ma Blanc arriva al redde rationem con la squadra a pezzi, con l’intensità di gioco ridotta al lumicino e troppe assenze decisive. Niente Verratti, Matuidi, David Luiz, e Pastore in panchina, il che obbliga Blanc a un inedito 3-4-1-2, con Di Maria dietro Ibra e Cavani. Sul finire del primo tempo però cade anche Thiago Motta per un malanno muscolare, e l’adattamento è Marquinhos a centrocampo, prima che nella ripresa entri Pastore. Cambia modulo e assetto quattro volte nel corso della gara, Blanc, e non ottiene che un possesso palla mai efficace, perché Pellegrini sa organizzare da sempre certe partite difensive e il 2-2 dell’andata glielo permette. Senza un centrocampo vero, il Psg non imbecca mai Ibra e Cavani, e Zlatan è pericoloso solo due volte su punizione (Cavani neppure da fermo, anzi a 10’ dal termine, sullo 0-1, si fa parare l’unica occasione che ha), ma trova sempre Hart. Il City gioca giudizioso sugli errori altrui e già nel primo tempo (30’) avrebbe il set point, dopo uno dei numerosi errori di Aurier tra andata e ritorno: Agüero entra in area e salta Trapp, fallo da rigore e ammonizione del portiere, ma il Kun apre troppo il destro e calcia a lato. Ma forse sarebbe stato un gol prematuro, difficile da difendere. Meglio affondare il pugnale a un quarto d’ora dalla fine: fa più male, e ci pensa De Bruyne. Che giocatore, ragazzi.