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 2016  aprile 13 Mercoledì calendario

Tra l’università di Pavia e il Senato stretto un accordo per rendere comprensibili le leggi italiane

La lingua del diritto italiano è fatta spesso di astrazioni, sprechi, improprietà, garbugli compositivi, tecnicismi, oscurità e anticaglie lessicali. Lo segnalava, in un famoso studio del 2001, un’esperta di grammatica e di retorica come Bice Mortara Garavelli e da allora le cose non sono cambiate. Semmai si sono complicate per via delle crescenti lacune linguistiche accumulate nel corso degli studi medi e superiori dai futuri legislatori. Per questo è più che opportuna la convenzione che verrà siglata giovedì dal rettore Fabio Rugge dell’Università di Pavia e dal presidente del Senato Pietro Grasso: si tratta di un patto di reciproca collaborazione (con la nascita di un master universitario) per migliorare la qualità delle leggi. Il che significa in sostanza migliorare il loro livello linguistico. Pavia ha avviato da tempo un «progetto strategico» e interdisciplinare (coinvolgendo non solo giuristi ma letterati, economisti e neuropsicologi) che ha portato di recente, per puro esercizio, alla riscrittura di un disegno di legge da parte di alcuni studenti. Due dei quali andranno a fare uno stage in Senato.
Sia benvenuta ogni iniziativa che si proponga di rendere più chiaro e più semplice il linguaggio delle leggi, troppo spesso indecifrabile dal suo fruitore naturale, cioè il cittadino comune. Come fa notare lo storico del diritto Dario Mantovani, che ha avuto un ruolo importante nell’accordo tra ateneo pavese e Senato, bisogna capire (e far capire agli studenti) che la lingua del diritto non è un codice a sé stante ma è più semplicemente una varietà della lingua italiana. Con la consapevolezza supplementare che prima di avventurarsi nell’arte retorica (gloria della tradizione italiana) sarebbe utile pensare più banalmente alla correttezza grammaticale e sintattica. Che, a quanto pare (guardando i risultati dei concorsi pubblici), è tutt’altro che scontata.