la Repubblica, 13 aprile 2016
I giovani non sono più affascinati dall’Isis
Due anni dopo aver proclamato il nuovo Califfato in Medio Oriente, lo Stato Islamico di Abu Bakr al Baghadi vede scendere rapidamente il sostegno fra i giovani del mondo arabo che vorrebbe attrarre. La maggior parte oggi si oppone decisamente alla deriva islamista ed esclude qualsiasi possibilità di sostenere il Califfato, anche se dovesse rinunciare alle sue tattiche feroci e brutali.
È questa l’immagine delle nuove generazioni arabe, fra i 18 e i 24 anni, che offre la sesta edizione di “Arab Youth Survey”, la ricerca della “Burson-Marsteller” condotta in 16 Paesi arabi e musulmani. Oggi solo il 13% dei ragazzi intervistati ammette di poter sostenere lo Stato Islamico, mentre l’anno scorso erano il 19%. Il 50% lo vede come il principale problema da affrontare in Medio Oriente, lo scorso anno solo il 37% valutava pericola la deriva islamista in Iraq e Siria. Il nuovo sondaggio, che si basa su 3.500 interviste dirette e considera un margine di errore dell’1,65%, suggerisce quindi che i giovani arabi siano meno influenzati dalla propaganda islamista rispetto agli anni precedenti. E 3 giovani su 4 credono che alla fine l’Is fallirà nel tentare di stabilire un Califfato fra Iraq e Siria.
Il sondaggio suggerisce anche che il fervore religioso giochi un ruolo secondario, nella migliore delle ipotesi, nei giovani che vanno ad arruolarsi nelle sue milizie. La preoccupazione sta montando in tutta la regione mediorientale per la cronica mancanza di posti di lavoro e di opportunità. Alla domanda perché i giovani si offrano come combattenti, la maggioranza indica come la ragione principale la disoccupazione o le scarse prospettive economiche. Solo il 18% invece indica motivazioni religiose.
Il modo con il quale le giovani generazioni arabe si informano non differisce molto da quelle europee o occidentali in genere, dove la tv e il web sono i media preferiti. Il 32% legge le notizie online, mentre il 29% guarda la tv e solo il 7% legge con regolarità i quotidiani di carta (erano il 13% lo scorso anno).
Cinque anni dopo l’inizio delle “primavere arabe” solo il 36% dei giovani arabi ritiene che il mondo arabo sia migliore adesso, quattro anni fa erano il 72%. Il 67% è convinto che i loro leader dovrebbero fare di più per garantire le libertà individuali e i diritti umani dei cittadini, specie per quel che riguarda le donne. Il sondaggio della Burson-Marsteller indica ancora gli Emirati Arabi Uniti come un paese- modello, economicamente sicuro, il posto dove vivere e fare business. Un’indicazione sorprendente, se si considerano le aspirazioni di democrazia come si può sognare di vivere in uno sceiccato ereditario, senza istituzioni rappresentative elette e messo sotto accusa regolarmente dalle ong che si battono per la difesa dei diritti umani? I giovani arabi sono divisi sugli Stati Uniti: per il 63% è un alleato ma per il 32% resta ancora “il grande satana americano”. Più positive le risposte giunte da Arabia saudita e Stati del Golfo, ma se isoliamo il dato dell’Iraq scopriamo che il 90% degli intervistati giudica gli Usa un nemico.