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 2016  aprile 13 Mercoledì calendario

L’Iran, un affare da 15 miliardi. C’è l’intesa tra Renzi e Rouhani sulle sanzioni ma l’obiettivo resta il petrolio

 Matteo Renzi atterra a Teheran all’alba con il portafoglio gonfio di euro. È il primo europeo a farlo dopo la fine delle sanzioni, condizione necessaria per far tornare l’Italia il principale partner commerciale della Repubblica Islamica, un mercato quanto mai importante per le nostre imprese nel momento in cui Roma abbassa le stime di crescita e vede traballare i rapporti con l’Egitto sull’onda del delitto Regeni. Solo i coreani si sono mossi con tanta determinazione, ma al momento nessun europeo. Il premier incontra il presidente Rouhani, che sotto una leggera pioggerella lo accoglie nella verde residenza di Sadabat con gli onori solitamente riservati a un capo di Stato. Nel pomeriggio le bilaterali con Rafsanjani e la Guida Suprema Khamenei, con il quale si è fermato a parlare di Manzoni e Dostoevskij.
Insieme al premier, al sottosegretario allo Sviluppo Scalfarotto e al ministro dell’Istruzione Giannini ci sono 54 aziende. L’incontro con Rouhani dura un’ora e mezza. Si parla di Afghanistan, Siria, Iraq, Libia e Yemen, scenari di crisi sui quali vengono annunciate «maggiori consultazioni» bilaterali. Rouhani sottolinea che «l’Islam non ha niente a che fare con il terrorismo». Renzi guarda al G7 del prossimo anno in Italia dove spera di far affermare ai grandi del mondo che «le religioni monoteiste non vogliono la violenza: è un errore confondere Islam e terrorismo». Entrambi enfatizzano i legami storici tra Teheran e Roma. È la premessa per concentrarsi sul business, tema centrale della visita, vitale per la ripresa iraniana e una scommessa per aiutare la crescita italiana. La frase chiave la pronuncia il padrone di casa: «Prima delle sanzioni l’Italia era il nostro primo partner commerciale, vogliamo che torni ad esserlo». Esattamente ciò che sperano gli italiani. L’Iran è un mercato da 80 milioni di cittadini, un hub commerciale da 400 milioni di consumatori e la seconda economia della regione che dopo essere stata soffocata dalle sanzioni può ripartire con una crescita stimata del 5,4% nel 2017-2028. Non per niente Renzi giudica la fine dell’embargo «un momento storico». Insomma, al di là di un richiamo sui diritti umani e del ritorno di Teheran sulla scena internazionale, c’è un paese da ricostruire.
Gli italiani si sono presentati con il cash. Il problema della sofferente economia iraniana è la liquidità e per questo la Cdp con Sace e Simest ha portato 3 linee di credito per un totale di 4,8 miliardi con i quali l’Iran si finanzierà sul mercato internazionale e implementerà, questo il progetto caldeggiato da Renzi e Rouhani, i 36 accordi firmati in parte tre mesi fa a Roma e ora a Teheran. Ieri la parte del leone l’hanno fatta le Fs, con la firma di un accordo da 3,5 miliardi in 10 anni per costruire l’alta velocità nella Repubblica Islamica. Altri sei accordi di peso tra i quali Enel sul gas, Milano Sea per la costruzione del nuovo scalo a Teheran, Danieli sui ricambi auto e due collaborazioni su turismo ed energia. Ma nella partita entreranno altri big come Anas per costruire il corridoio autostradale Nord-Sud da un miliardo o la realizzazione italiana di 5 ospedali. Nel prossimo lustro Roma punta a ottenere 15 miliardi di appalti. Per l’ad di Eni Claudio Descalzi «l’Italia si è mossa velocemente, ci sono grandi opportunità». L’interscambio tra Italia e Iran nel 2011 era di 7 miliardi, oggi il nostro export vale 1,2 miliardi: l’obiettivo è portarlo ad almeno 2,7 entro il 2020.

Alberto D’Argenio

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Perchè l’Iran rientri a pieno titolo nella comunità finanziaria internazionale e quindi possa impostare la sua “rinascita”, c’è bisogno di altri due passaggi cruciali: deve riprendere un massiccio export petrolifero, l’unico in grado di garantire adeguati flussi di cassa, e deve recuperare appieno funzionalità, rapidità e soprattutto affidabilità il sistema bancario del Paese. Due processi che sono evidentemente appena all’inizio, come non hanno mancato di riconoscere gli stessi interlocutori negli incontri di ieri, sia iraniani che italiani, Renzi in testa. «La chiave per inserirsi nella grande modernizzazione del paese, e per conquistarne la fiducia, è proprio qui: c’è tutto l’interesse ad appoggiarsi al partner italiano, dicono gli iraniani, purchè ci sia un adeguato supporto finanziario», conferma Licia Mattioli, vicepresidente della Confindustria con la delega per l’internazionalizzazione che sta partecipando agli incontri di Teheran. «E da parte italiana c’è sia la consapevolezza che tutto si gioca intorno a questo aspetto, sia la volontà di intervenire con forza».
Di qui l’importanza di operazioni come la maxi-linea di credito garantita dalla Cassa Depositi e Prestiti (significa che la Cdp interverrà se qualche operazione con aziende del nostro paese non dovesse trovare un completo finanziamento dalle banche commerciali), e tutta la paziente tessitura che parallelamente sta compiendo la Sace, che del gruppo Cdp è la
branch
specializzata nelle garanzie e nelle assicurazioni dei crediti all’esportazione: si tratta di aiutare Teheran a liberarsi dal fardello di arretrati, rate non pagate, controversie giudiziarie, che derivano da tanti anni di isolamento. La scommessa è che quando sarà risanato, l’Iran tornato superpotenza petrolifera, finalmente libero dalle sanzioni, sarà in grado di onorare ampiamente tutti i debiti passati, presenti e futuri. E avrà a quel punto un rapporto di ferro con l’Italia, che gli ha dato fiducia. Un’operazione cominciata durante la visita di Rouhani a Roma di fine gennaio: in quell’occasione la Sace ha firmato un contratto da 564 milioni di euro per sbloccare un monte-arretrati verso gli esportatori italiani. I fondi erano stati pagati dalle singole aziende-clienti iraniane ma erano bloccati presso la Banca centrale di Teheran per l’esclusione dal sistema dei pagamenti internazionale Swift. Ora che il sistema è stato ripristinato, il
commitment personale di Rouhani ha già permesso il pagamento della prima delle tre rate previste. Le aziende italiane erano intanto state indennizzate dalla Sace, ora la Sace stessa comincia a rivedere i soldi. Un atteggiamento opposto per esempio a quello dell’inglese Barclays, che si è rifiutata di eseguire una transazione a favore di un’azienda esportatrice citando le imperfezioni del sistema finanziario ma suscitando le ire dello stesso Cameron.
Solo con le guarentigie finanziarie si mette in moto la macchina delle forniture specie delle piccole imprese, alle quali è rivolta unatranche da 800 milioni del pacchetto Sace-Cdp (con la Simest, anch’essa del gruppo, che funziona da stabilizzatore dei cambi). Le imprese offrono dilazioni di pagamento al cliente locale ma incassano subito, grazie agli accordi della Sace con le banche iraniane.
Così come è un pacchetto finanziario completo che permetterà oggi la firma del contratto da 380 milioni per la costruzione di una fabbrica di barre d’acciaio da utilizzare soprattutto per componenti auto da parte della Danieli di Udine, nonché di quello collegato da 240 milioni con cui la Fata di Torino costruirà la centrale elettrica che tale fabbrica alimenterà. Un meccanismo analogo ha permesso poi lo sblocco del contratto da 3,5 miliardi delle Fs e, sempre in ambito ferroviario ma passando ai treni “ordinari”, delle forniture di quasi duemila chilometri di linee ferroviarie da parte della Gavio di Tortona: due contratti del valore di 1,1 e 2,9 miliardi, in partnership rispettivamente con le iraniane Jahanpars e Kayson. Solide coperture finanziarie permetteranno poi l’avvio di importanti alleanze nei settori agroindustriali della carne, del latte e della pasta, fortemente voluti dagli iraniani per valorizzare le cospicue produzioni di cereali (sia come mangime che come farine), dove capofila sono rispettivamente Cremonini, Granarolo e Barilla. Tutte e tre presenti nella visita di questi giorni. Spiega Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare: «Si tratta di sviluppare insieme linee produttive di nuova generazione, nello spirito del Made with Italy che nel nostro settore è ambitissimo ».
Eugenio Occorsio