MilanoFinanza, 12 aprile 2016
Il piano di Cairo per conquistare Rcs si annuncia più complicato del previsto
Intesa Sanpaolo, socio (4,17%) e primo creditore (quasi 200 milioni) di Rcs Mediagroup, è al fianco di Urbano Cairo, come advisor del suo gruppo, nell’offerta pubblica di scambio lanciata venerdì 8 sul gruppo di via Rizzoli. E con l’imprenditore, patron pure di La7 e del Torino Calcio, pare esserci anche Ubi Banca (esposta per 112,5 milioni con la società di via Rizzoli). «Noi ci confrontiamo con tutti.
Se c’è una soluzione che può portare a rendere più forte il gruppo, non c’è dubbio», ha dichiarato ieri sera Victor Massiah, consigliere delegato dell’istituto bergamasco-bresciano. «Poi, comunque, non sono i creditori i decisori finali, ma gli azionisti», ha tenuto a precisare. E come fa notare una fonte vicina al dossier «chiunque proverà a mettere i bastoni tra le ruote a Cairo dovrà gioco-forza confrontarsi con le due banche creditrici».Sta qua la forza dell’ops (0,12 azioni della Cairo Communication per ciascun titolo Rcs ), che ha sparigliato il mercato e messo le ali al titolo di via Rizzoli (+28%). Anche se parecchi analisti sono scettici sulla proposta. E non solo per la bassa valorizzazione che sarebbe stata assegnata a Rcs - che a onor del vero nel 2015 ha perso 175 milioni e ha un debito di 487 milioni – ma anche per la mancanza di una componente cash dell’offerta.Che sulla base dei prezzi di venerdì 8 è valutata 0,567 euro (0,542 euro considerando il pagamento del dividendo) contro un prezzo di borsa di 0,586 euro. «Nonostante l’implicazione positiva dell’ops, il concambio implica una valutazione poco attraente per Rcs: 0,567 euro per azione è il 20% in meno rispetto al nostro target price a 0,7 euro», avvertono gli analisti di Kepler Cheuvreux. Più tranchant il giudizio di Mediobanca Securities: «Questo suggerisce che è improbabile che possano accettare tale offerta», sottolineano i broker di Piazzetta Cuccia che hanno un target price a 0,96 euro, ma l’imprenditore ha dimostrato di essere capace a risanare. Ciò che non si capisce perché Rcs debba rimanere quotata». A queste considerazioni ha replicato lo stesso Cairo. «La valutazione di Rcs è rilevante», ha detto l’editore. «Se si vede il controvalore, sono 285 milioni, che aggiunti ai 487 milioni di debito del gruppo fanno quasi 770 milioni. Se togliamo i 90 milioni di Rcs libri, già ceduta a Mondadori, si arriva a quasi 700 milioni.Se si considera che il Gruppo l’Espresso, con Repubblica e una rete di giornali locali, capitalizza in Borsa 370 milioni, e non ha debiti, stiamo valutando Rcs quasi il doppio».Con l’imprenditore piemontese ieri si sono schierati sia Ernesto Mauri, l’ad di Mondadori che ha comprato la Libri da Via Rizzoli e che in passato ha lavorato con lo stesso Cairo. «A me piacciono i mercati trasparenti dove le cose si dicono in pubblico e non si fanno nei salotti. Il mercato è cambiato ed è un bene per tutti avere un azionista di riferimento che decide». E pure il neo presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, appoggia il deal: «Si tratta di un’operazione di straordinaria importanza per l’editoria. Il fatto che sia un’operazione interamente di mercato è rassicurante, per di più proposta da un editore puro italiano che ha dimostrato di sapere fare molto bene il suo mestiere».
Ma sia in via Rizzoli sia in via Solferino, sede del Corriere della Sera, il vero oggetto del contendere quando si tratta di Rcs, gli animi dei dipendenti e dei giornalisti sono contrastati. C’è chi è favorevole all’arrivo di un editore vero e decisionista capace di risanare (in La7 ha tagliato costi per 100 milioni in un anno). Ma c’è anche chi teme per la scure che potrebbe usare (alla Corporate ci sono 470 dipendenti, e sotto il cfo addirittura 16 dirigenti) in società e per il fatto che la sua forza sono periodici mass market. Mentre Cairo non ha mai avuto esperienza di quotidiani e non apprezza particolarmente il web. Ma il pallino del giornale popolare ce l’ha da almeno 10 anni. Ed Enrico Mentana, direttore del Tg di La7, sarebbe l’uomo giusto al posto giusto.
Ancora, però, non c’è niente di concreto anche perché tutti erano all’oscuro del suo progetto per il quale ci vorranno almeno 50 giorni tra deposito del prospetto e valutazione della Consob, e che in concreto vedrà il via a luglio. Al punto che nei giorni scorsi i vertici di Rcs, il presidente Maurizio Costa e l’ad Laura Cioli, avevano incontrato i sindacati interni prospettando loro il piano di rilancio e razionalizzazione. Ora ovviamente tutto sarà congelato. Fino a che non si capirà meglio il contorno industriale dell’operazione targata Cairo e di eventuali contromosse di altri editori: qualcuno ipotizza un’ops di Caltagirone Editore, finora sempre distante dal dossier, o un intervento della De Agostini, mai però coinvolta in progetti editoriali che ruotino sui quotidiani. Mentre la Poligrafici Editoriale capitalizza troppo poco (27 milioni). E dall’estero è difficile che si palesi qualche interessato.
Per ora quindi, si può solo ipotizzare quale sarà a fine offerta il ruolo di Cairo nel nuovo potenziale polo editoriale che vedrà Rcs quotata e la Cairo Communication capogruppo. L’editore dovrebbe avere almeno il 54% rispetto all’attuale 73%, ma potrebbe scendere al 43% in caso di adesione totale all’ops. Anche se, visto il trend del titolo in borsa, l’offerta potrebbe essere rivista al rialzo, cambiando quindi le valutazioni implicite, l’accoglienza degli investitori e i relativi pesi azionari. Per ora però dal fronte dei soci storici di Rcs – Mediobanca, Pirelli, UnipolSai e Della Valle – non arriva alcuna indicazione formale, anche se non pare che il progetto sia condiviso né ritenuto fair perché manca il cosiddetto take-over premium. Però nulla si muoverà per i prossimi giorni, anche perché l’ad di Mediobanca, Alberto Nagel, è in Iran con il premier Matteo Renzi nel viaggio istituzionale previsto per oggi e domani. Infine, tra gli addetti ai lavori, si sta facendo largo una certezza: Urbano Cairo, nel momento in cui entrerà in possesso della casa editrice di via Rizzoli, valuterà soprattutto se mantenere il presidio in Spagna. È quindi ipotizzabile un disimpegno da Unidad Editorial.
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Il titolo Rcs si è già allineato ai valori dell’offerta di scambio promossa venerdì sera dalla Cairo Communication sul gruppo editoriale di via Rizzoli. Anzi l’ha superato. Ma come riferito da MF-Milano Finanza nell’edizione di sabato 9 aprile, c’è un fronte di azionisti (Mediobanca, Pirelli, UnipolSai e Della Valle) che non è pronto ad aderire all’ops perché non la ritiene congrua e soprattutto lanciata senza preavviso e senza un confronto sul futuro della società guidata dall’amministratore delegato Laura Cioli. Per questo, anche in scia alle valutazioni degli analisti che giudicano l’offerta di Cairo troppo bassa, sul mercato circola l’ipotesi di un piano B che, magari con la regia della banca d’affari di Piazzetta Cuccia, possa prendere corpo in tempi rapidi. L’obiettivo sarebbe trovare un altro player, possibilmente del panorama editoriale, che possa lanciare una contro-offerta, sempre carta contro carta. Anche perché oggi, con una perdita di 175 milioni di euro e un debito di 487 milioni, nessuno vuole consumare cassa per rilevare il controllo di Rcs e ristrutturare pesantemente la società. In questo senso tutti gli indizi portano al gruppo Caltagirone Editore, che però finora ha sempre negato qualsiasi interesse. Anche se va detto che la soluzione di una seconda ops non costerebbe niente a Francesco Gaetano Caltagirone. L’alternativa, anche se più complessa, visto che il gruppo in questione non è quotato, sarebbe rappresentata da De Agostini. La società di Novara, storicamente vicina a Mediobanca, ha sempre negato un interesse ad allargare il business editoriale al campo dei quotidiani ma in questo caso, oltre a una cosiddetta «ragion di Stato» ci sarebbe la possibilità di sviluppare interessanti sinergie in particolare con tutto il sistema editoriale rappresentato dalla Gazzetta dello Sport. Anche se la società fa il 70% di ricavi dal gaming. Ma anche questa mossa potrebbe essere un semplice specchietto per le allodole. Perché, dicono più fonti di mercato, il vero obiettivo è quello di far uscire allo scoperto la Cairo Communication, facendo lanciare al gruppo controllato saldamente (73%) dall’imprenditore una vera e propria opa, obbligando la ricca società (105 milioni di posizione finanziaria netta a fine 2015), a investire capitali freschi per il rilancio di Rcs.