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 2016  aprile 12 Martedì calendario

I conti di Cairo non coincidono con quelli che fanno altri azionisti Rcs

Il mercato per ora si allinea alla proposta avanzata da Urbano Cairo per Rcs. Ma le valutazioni dell’editore e quelle di altri azionisti/investitori sono ancora distanti sul prezzo. Quasi il doppio rispetto all’Espresso per Cairo, la metà del valore “vero” per l’altro fronte. Il titolo Rcs si è subito allineato alle condizioni prospettate da Cairo Communication, poi in chiusura, con un progresso in giornata del 28,8%, è andato oltre, fermandosi a 59 centesimi rispetto ai 57,8 centesimi che si sarebbero ottenuti applicando il concambio dell’offerta e cioè per un’azione Rcs 0,12 azioni Cairo, che ieri a sua volta ha concluso a seduta in rialzo del 2,07% a 4,822 euro.
Segno che il mercato per ora registra gli eventi, senza anticipare voli pindarici. Urbano Cairo, l’ha dichiarato, ritiene di avere fatto un’offerta che valuta il gruppo che edita il Corriere della Sera il 90% di più dell’Epresso, calcolando l’enterprise value (Ev)come somma di una capitalizzazione di 235 milioni, cui aggiungere 487 milioni di indebitamento netto. Togliendo 90 milioni per la prossima cessione di Rcs Libri si arriva a 680 milioni, mentre L’Espresso che non ha debiti ed è in utile ha una capitalizzazione di 360-370 milioni.
I conti di Cairo non coincidono però con quelli che fanno altri azionisti e investitori di mercato che giudicano invece che la proposta sottovaluti di metà il valore del gruppo e non riconosca nessun premio per il controllo. Normalmente le valutazioni di mercato fanno riferimento non ai dati storici, ma a quelli prospettici che sull’esercizio in corso proiettano per Rcs un Ebitda di 90 milioni, contro i 100 milioni che sono l’implicito target del piano messo a punto dal nuovo ad Laura Cioli per quest’anno. Un target non irraggiungibile, visto che da solo Il Corriere contribuisce per un margine operativo lordo di una cinquantina di milioni. Quanto al debito, il consensus degli analisti è di 426 milioni per fine anno. Applicando un multiplo di 10 volte ai dati di consensus degli analisti – lo stesso multiplo a cui è trattata Cairo Communication – si ottiene un Ev di 900 milioni e, detratto il debito, un equity di 474 milioni che è il doppio della valutazione riconosciuta dall’editore piemontese. Risultato analogo si otterrebbe sommando il valore delle diverse componenti del gruppo Rcs, anche se il track record dei risultati degli ultimi anni non aiuta a esaltarlo. Sul prezzo, insomma, non c’è unità di vedute. Cairo dovrà convincere il mercato che non c’è alternativa migliore dato che il flottante, dopo la scissione della quota Fiat, salirà al 60% e che l’offerta è condizionata all’adesione di almeno il 50% del capitale.
Altra questione riguarda la struttura “atipica” dell’Ops, che non è un’offerta carta contro carta finalizzata a una fusione, bensì il pagamento con azioni di Cairo Communication del controllo di Rcs che, con questo, si “comprerebbe” un imprenditore. Se l’Ops ottenesse infatti un’adesione totalitaria Urbano Cairo controllerebbe col 43% la società da lui fondata che controllerebbe Rcs, ma le due società resterebbero separate ed entrambe quotate dato che, nel caso, verrebbe anche ricostituito il flottante di Rcs. Se l’Ops fosse invece un’offerta di scambio classica con fusione, a conti fatti, la quota di Urbano Cairo nel gruppo integrato scenderebbe intorno al 30%, e la differenza sarebbe che Rcs, anziché avere un multiplo 2016 net debt/Ebitda di 4 volte su base stand alone, si ritroverebbe in una realtà più solida con una leva molto più tranquillizzante di 2,5 volte, grazie ai circa 100 milioni di liquidità in cassa a Cairo. Questo ancora prima del giro di vite sui costi, che in altre realtà (vedi il caso della tv La7) l’editore ha dimostrato di saper gestire senza ridurre l’organico e riportando i conti in sicurezza.
Una struttura più lineare dell’operazione sarebbe senz’altro gradita al mercato, ai soci ex patto, e probabilmente anche alle banche creditrici. Perchè no allora? Bisogna mettersi nei panni dell’offerente, che ha creato da zero il suo gruppo, che oggi, nonostante anni dall’Ipo per la quotazione in Borsa, controlla ancora al 73%. Nello scenario più realistico in cui l’offerta ottenesse il minimo delle adesioni richieste, cioè il 50% del capitale, Urbano Cairo manterrebbe ancora il controllo assoluto del suo gruppo con una quota del 54 per cento.