Libero, 12 aprile 2016
Gli obiettori che rendono così difficile abortire in Italia
Il Consiglio d’Europa dice che in Italia è troppo difficile abortire, e che i medici che applicano la Legge 194 senza proclamarsi obiettori di coscienza (cioè pochi) sono discriminati. Dettaglio: è vero, il Consiglio d’Europa dice quello che sapevano in tanti (Libero lo scrisse in prima pagina nel settembre scorso) e cioè che una donna che voglia abortire, in Italia, spesso va incontro alla possibilità che manchi il personale disposto ad aiutarla.
Ma, pur sapendolo tutti, e pur essendo quello dei medici obiettori un autentico scandalo, c’è stato bisogno di un ricorso della Cgil per prenderne ufficialmente atto: chi non obietta, spiega la sentenza europea, talvolta è vittima di «diversi tipi di svantaggi lavorativi diretti e indiretti». La ministra Beatrice Lorenzin ha detto che la sentenza si rifarebbe a «dati vecchi», ma di nuovi non ne ha ancora forniti. Noi avevamo quelli del 2008, ed è difficile credere che possano risultare rovesciati, oggi: dicono, anzitutto, che l’85 per cento degli italiani è favorevole alla legge 194 (percentuale in crescita) e che gli aborti sono comunque in calo; questo lo conferma anche l’ultima relazione del Ministero (2015) secondo la quale ormai sono inferiori a 100mila l’anno con un decremento del 5,1% rispetto al 2013, dato più che dimezzato rispetto alle 234 mila del 1982 (punta massima).
Ma vediamo altri dati. I ginecologi obiettori sono passati dal 58 per cento del 2005 al 70 per cento del 2007, dato a oggi invariato; gli anestesisti obiettori invece sono passati dal 45,7 al 52,3 per cento; il personale paramedico, infine, dal 38,6 al 40,9. In alcune regioni meridionali le percentuali dei ginecologi obiettori sarebbero da capogiro: in Campania l’83,9, in Basilicata l’84,1, in Sicilia l’83,5: tutte regioni note per i loro profondi convincimenti etici. Insomma, è molto difficile credere che a invertire le percentuali tra gli italiani e questi obiettori non siano ragioni di comodo e di carriera.
Anche perché altri dati più recenti (2013) danno la situazione in peggioramento: in Molise 93,3 per cento di obiettori, in Basilicata 90,2, in Sicilia 87,6, in Puglia 86,1, in Campania 81,8, nel Lazio e in Abruzzo 80,7 per cento. Quello che succedeva e succede è che quasi la metà degli ospedali preclude il diritto di accesso ai trattamenti interruttivi della gravidanza, e, alla sovrabbondanza di obiettori, non offre un’alternativa.
Conseguenza: rischio di ritorno all’aborto clandestino, rischio per la salute e rischio, pure, di una multa da 5 a 10 mila euro se non passi dall’ospedale.
Senza contare i turni massacranti a cui sono costretti i medici normali, quelli che si limitano ad applicare la legge come previsto. Varie associazioni dei medici dicono che ad aumentare sono proprio gli aborti clandestini (assai più dei 15 mila stimati dal ministero) e la contemporanea crescita degli aborti spontanei (più 40 per cento) presta il fianco a più di un sospetto. Intanto obiettano tutti: primari, infermieri, portantini e ferristi.
La morale del Consiglio d’Europa (Comitato europeo dei diritti sociali) è piuttosto dura: «Le donne che vogliono un aborto possono essere forzate ad andare in altre strutture (rispetto a quelle pubbliche) o a mettere fine alla gravidanza senza il controllo delle autorità sanitarie, oppure possono essere dissuase dall’accedere ai servizi di aborto a cui hanno invece diritto per legge».
Una legge che in Italia c’è solo grazie a una battaglia referendaria promossa negli Anni settanta: intoccabile perché funziona (gli aborti calano ogni anno, come detto) e però sottoposta a veri e propri sabotaggi. L’Italia è uno degli ultimi paesi occidentali in cui è stata introdotta la pillola Ru486 (22 anni dopo la Francia, dopo di noi solo Lituania e Polonia) la quale pillola resta di complicata reperibilità. Le campagne di contraccezione da noi non esistono, la Chiesa non gradisce, e a farne le spese sono anche le categorie che abortiscono in maggioranza: le ignoranti e le immigrate.