La Stampa, 12 aprile 2016
«Sono nata per vincere». Il grande ritorno della Piccinini
Domenica notte, rincasando dopo la festa in piazza a Casalmaggiore, sul cancello ha trovato un lenzuolo bianco con su scritto in rosso: «Leonessa senza età. Grazie Picci». Il pensiero riconoscente dei vicini è quello di tutto lo sport italiano, che nello scorso weekend ha ritrovato al top l’icona del volley femminile. Regina d’Europa alla sua 23a stagione da protagonista: Francesca Piccinini cominciò a vincere già a 17 anni, si prese la prima Champions a 21 e a 37, con la Pomì dei miracoli, ha collezionato la sesta.
Complimenti, leonessa. Digiunava ormai dal 2011: deve essere stata dura, vero?
«Avevo scelto io di rinunciare alla Champions, per non avere più partite infrasettimanali. Ma mi mancava troppo il gusto del successo. Per questo la scorsa estate ho scelto Casalmaggiore, le campionesse d’Italia».
Ha visto giusto...
«Ne ero convinta. Questa è una squadra vera, una società organizzata, un ambiente ideale».
È la sua vittoria più bella?
«Vincere è sempre bellissimo e io sono nata per questo. Certo, farlo a 37 anni ha un altro sapore. Più sereno, consapevole. Persino magico, vista la chimica che si è creata in campo con le compagne».
La sua longevità ha un segreto?
«Volersi bene, curare il proprio corpo: io l’ho sempre fatto. E poi, porsi obiettivi sempre nuovi: sto già pensando a come migliorarmi per rivincere lo scudetto. Domani, a Bergamo, cominciamo i playoff».
Miglior giocatrice della Champions. Eppure, a gennaio, è rimasta ferma due mesi. Ha temuto?
«Edema all’osso di una spalla: sì, mi ero intristita molto. Ma non ho mollato: entravo in palestra un’ora prima delle altre e uscivo un’ora dopo. E dicevo a tutte: “Tranquille, quando conta ci sarò”».
La Picci come l’araba fenice che ha tatuata sulla schiena?
«Anche. Ma per risorgere servono soprattutto cuore e testa. Io li uso sempre».
Anche a grinta, però, non sta male: la prima dedica in tv, domenica, è stata «per chi diceva che ero bollita»...
«Spiazzato? È che io, anche in campo, sono tutta sorrisi e tranquillità. Ma, quando è ora, so tirare fuori gli artigli».
Sembra un suo quasi coetaneo, nato vicino a lei, un altro campione eterno. Ha presente Gigi Buffon?
«Come no! Ho giocato con le sue sorelle Veronica e Guendalina, mie amiche. Anche lui continua a vincere e a dimostrare che dentro ha qualcosa di speciale. Siamo eterni, decisivi».
La Champions, però, non l’ha mai vinta. Lo batte 6-0...
«Mi spiace, anche perché sono juventina. Tra i primi a mandarmi i complimenti, domenica c’è stato Marotta. Pensi: giocando così tanto, non sono mai andata allo Stadium. Non vedo l’ora di farlo».
Anche Barbolini, il suo allenatore, è bianconero. Con lui, ct a Londra 2012, non si era lasciata benissimo. Com’è stato ritrovarlo tre anni dopo nel club?
«Senza problemi, com’è giusto che sia tra persone adulte. Possono esserci screzi nei lunghi rapporti. Capita anche tra fidanzati. Insieme, adesso, lavoriamo benissimo».
Manca un mese alla qualificazione olimpica di Tokyo e lei è tra le 20 di Bonitta. Ce la farete?
«Sono positiva per natura. Abbiamo giovani di talento e con notevole fisicità e c’è qualche atleta più esperta che può aiutarle a crescere».
La sua carriera «vera» cominciò a 19 anni a Curitiba. Ora c’è di nuovo il Brasile dietro l’angolo. Rio sarebbe la chiusura ideale di un cerchio?
«Chi non sogna non vive. Io ci spero. Di più: ci credo. Ho già vissuto quattro Olimpiadi, inseguo la quinta. I Giochi sono il massimo. Ma quella medaglia è l’unica che ancora mi manca».
Antonella Del Core, altra senatrice azzurra, ha già chiarito che, Rio o no, a 35 anni questa sarà la sua ultima stagione. Lei che intenzioni ha?
«Vado avanti, ci mancherebbe. Non è ancora tempo di smettere per una giovinetta che ha appena vinto la Champions e il premio di Mvp».
Scusi, ma è almeno dal 2010 che parla di voglia di maternità. Rimanda ancora?
«Quale donna non vuole un figlio e mettere su famiglia? Io, però, adesso ho ancora altre cose importanti da fare».