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 2016  aprile 12 Martedì calendario

Toni Servillo, un San Francesco moderno che si fa i fatti suoi

Con l’albergo lussuoso dove sta per svolgersi un G8 di Ministri pronti a varare una manovra che metterà in ginocchio diversi Paesi, il monaco certosino Roberto Salus non ha niente in comune. È talmente estraneo alle regole di quei contesti che, quando la cena dei superpotenti finisce, si mette a sparecchiare la tavola creando imbarazzo: «È un uomo di fede – dice Toni Servillo che lo interpreta nelle Confessioni di Roberto Andò, dal 21 nei cinema -, e Dio sa quanto abbiamo bisogno di simili figure, è un uomo attento alla regola del silenzio, che oppone a un mondo fatto di dichiarazioni un atteggiamento di dignitosa renitenza».
Al suo sguardo intenso, alle sue battute laconiche, Andò affida l’itinerario del film. Tutti i personaggi, dal direttore del Fondo Monetario Internazionale Daniel Roché (Daniel Auteuil) al Ministro Italiano (Pierfrancesco Favino), dalla scrittrice di libri per bambini Claire Seth (Connie Nielsen) al Ministro tedesco (Richard Sammel) avvertono la necessità di un confronto, o anche di uno scontro, con il portatore di quella logica ultraterrena opposta a quella che pervade le loro esistenze: «Come attore l’idea di avere una funzione guida nel racconto mi lusinga, vuol dire riuscire a sedersi nel cuore dello spettatore. Rispetto all’esserlo nei confronti dei giovani, provo una certa ritrosia, se poi qualcuno me lo riconosce non mi dispiace, significa che se abbiamo capito qualcosa di buono, possiamo anche trasmetterlo».
Per la seconda volta, dopo Viva la libertà, Servillo lavora con Roberto Andò: «Direi che anche qui c’è un ponte che unisce realtà e immaginazione». Per diverse ragioni, prosegue l’attore, Salus «è un personaggio singolare, uno che entra in luoghi in cui non si entra mai, che non possiede nulla, nemmeno la propria esistenza. Quando si interpreta un personaggio negativo, si spinge il pubblico a prenderne le distanze, quando invece se ne fa uno positivo, viene da chiedersi “ma io che cosa farei al suo posto? E quanto gli assomiglio?».
Disponibile a parlare del suo mestiere, del rapporto con il grande schermo, ma soprattutto con il teatro che «rimane la mia attività principale», di Napoli che, qualche giorno fa al Bif&est, ha definito «la città-mondo da cui sono partito, la radice profonda del mio essere attore», Servillo alza insormontabili barriere solo davanti a domande personali come quella sul rapporto con la religiosità: «Sono fatti miei. Viviamo in un’epoca in cui si vuole sapere tutto degli altri, io, invece, preferisco parlare del lavoro, l’aver fatto certi ruoli non vuol dire avere relazioni con essi. Sono stato Jep Gambardella nella Grande Bellezza ma non ho mai preso parte a feste di quel tipo, ho recitato in Gomorra ma non ho mai interrato rifiuti tossici. Faccio l’attore». Nella prima sequenza delle Confessioni Servilo recita, in dialetto napoletano, una poesia di Ferdinando Russo dedicata a un uccellino, nell’ultima adotta un cane molto aggressivo che, con lui, è diventato mite. Insomma, ai tempi del G8, San Francesco potrebbe essere così.