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 2016  aprile 12 Martedì calendario

Quei tre ragazzi che suonano campane e salvano tradizioni

Fra Martino li avrebbe arruolati di corsa, campanari sul campo, maestri di timbro e di rintocchi ad honorem. Tre ragazzi che in spalla non si sono messi la chitarra, ma otto campane, e hanno fatto rinascere una tradizione. A Cureggio, nel Novarese, l’ultimo campanaro è scomparso più di vent’anni fa: Natalino Beccaria era un’istituzione, il suo concerto col «Regina Coeli» bloccava la domenica mattina tutto il paese, e per ascoltarlo arrivavano anche dalle località vicine.
Natalino era il sacrestano, il factotum della chiesa, ma soprattutto regolava i momenti importanti della giornata a suon di «Avemaria» al mattino e alla sera, e di «Angelus» a mezzogiorno. Un virtuoso della cella campanaria. Per vent’anni, dopo la scomparsa dell’anziano sacrista, le campane di Cureggio hanno smesso di tenere concerti. È stato introdotto sì il congegno elettrico che le regolava e permetteva di battere ancora le ore. Ma vuoi mettere le campane elettrificate e il loro «standard style» rispetto ai rintocchi che il Natalino otteneva tirando a tutta forza il campanone?
Finché non sono arrivati i «mataj dal campanìn», i ragazzi del campanile come li chiamano oggi a Cureggio: Samuele Rossi, 18 anni, liceo scientifico; Samuele Fornara, 17 anni, istituto aeronautico, ed Edoardo Pastore, 16 anni, istituto agrario. Sono finite le feste di Natale del 2014 e in paese hanno allestito una curiosa stella cometa che dal campanile va fino al battistero romanico. La stella va smontata e per arrivare al campanile, che risale al Duecento, bisogna sciropparsi un’ottantina di scalini di legno ripidi, e si arriva alla cella attraverso un’apertura strettissima: salgono i tre amici, tutti appassionati di musica, che hanno dimestichezza con pianoforte e basso, ma non hanno mai suonato una campana.
«La tastiera in legno – raccontano – era deteriorata, inservibile. Era del 1920, così come le cinque campane più antiche. Il parroco, don Enzio Teruggi, aveva pagato le campane di tasca propria. Era un prete appassionato dei concerti di campane, ed era particolarmente benvoluto dalla gente, tanto che gli avevano fatto avere anche il titolo di cavaliere, un riconoscimento a cui teneva particolarmente, al punto che si firmava sempre don Enzio cavalier Teruggi».
Don Enzio, anzi il cavalier Teruggi, le campane le salva nel 1944, quando il comando nazifascista di stanza a Borgomanero decide di requisirle perché in Germania serve il bronzo per le armi: con uno stratagemma riesce a bloccarle e qualche mese dopo torneranno sul campanile. «Quando abbiamo visto quelle campane, che nel frattempo erano diventate otto, perché nell’87 ne erano state aggiunte tre, abbiamo deciso che non potevano restare mute».
I due, Samuele ed Edoardo, hanno rimesso a nuovo la tastiera, aggiustato fili e ganci, perfezionato i collegamenti dei tasti alle campane. Un lavoro certosino, culminato a Pasqua con un concerto, tutto manuale: ma accanto all’Angelus e all’Ave Maria, i tre studenti hanno aggiunto «Giù dai colli», l’inno di Don Bosco, «Il Piave mormorava», una canzone di Luciano Tajoli, e le «allegrezze» composte da Samuele Rossi, il furetto della compagnia, che suona organo, piano e fisarmonica e compone musica. «Le allegrezze sono delle composizioni molto ritmiche, che trasmettono gioia»: mezz’ora di concerto, e i cureggesi che sotto il campanile sono tornati a bocca aperta, come ai tempi del Natalino. «La gente si emoziona, lo scampanio è riuscito a ricostruire una tradizione, a ridare un senso di comunità».