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 2016  aprile 12 Martedì calendario

Come Netlix è diventata Netflix

«Più o meno 5mila anni fa sugli altopiani del Kazakhstan vennero addomesticati i cavalli. Furono la chiave della mobilità per generazioni. Poi è arrivata l’automobile, ed è cambiato tutto. Per la tv lineare è la stessa cosa. È finita l’epoca dello show per tutti alle 20, benvenuta televisione via Internet». Il pensiero di Reed Hastings è semplice: una volta individuata una strada si va fino in fondo, con tutto il tempo che serve, anche a costo di cannibalizzarsi. Fu così quando Netflix, allora una società di noleggio video più piccola di Blockbuster, decise di scorporare la spedizione dei dvd, che pure erano ancora l’80 per cento dei ricavi, e di passare alla distribuzione dei contenuti in streaming, via Internet. Il primo anno la scelta si rivelò un disastro, ma Hastings insistette e vinse, mentre Blockbuster fallì: «La stessa audacia che stava per farci fuori», ricorda, «è quella che ci ha reso grandi».
Uno snodo analogo si verificò quando l’azienda, che già aveva il primato tecnologico nella distribuzione, anche attraverso l’uso massiccio dei dati per segmentare i generi e proporre ai propri abbonati consumi in linea con i loro gusti, decise di iniziare a produrre in proprio e mise sul tavolo 100 milioni per aggiudicarsi House of Cards. Altro azzardo premiato: la serie è diventata un successo planetario. Il coraggio è forse la sola caratteristica che accomuni Hastings a Vincent Bolloré, il patron di Vivendi che, con l’alleanza con Mediaset, vuole dar vita al Netflix latino. Per il resto i due non potrebbero essere più differenti. Bolloré, 64 anni, è un finanziere di formazione e un raider per passione. Hastings, 55, originario di Boston, ha esordito nel volontariato internazionale facendo l’insegnante di matematica in Africa. Ancora oggi investe una parte dei suoi guadagni per sostenere l’istruzione. Dopo aver appreso a programmare scrivendo codice nottetempo e laureandosi a Stanford, ha fondato la sua prima società di software, con la quale è diventato milionario. Uscitone, ha trascorso un periodo di sabbatico con la famiglia, in parte anche in Italia «dove ho imparato il gusto per le cose fatte bene», prima di dar vita a Netflix nel ’97.
A fine 2015 la società aveva oltre 75 milioni di abbonati in tutto il mondo. L’imperativo in questo momento è crescere, investendo i ricavi nell’espansione. L’Europa – dove oltre che con gli altri concorrenti come Sky, Amazon, Google, Apple, si dovrà confrontare con Vivendi – secondo le stime della società Ihs, nel 2019 varrà 58 miliardi di dollari tra cavo, satellite e streaming. In particolare il servizio di abbonamento al video on demand è cresciuto da due a 18 milioni di famiglie tra 2010 e 2014, e la progressione tende ad accelerare. Secondo stime non confermate, in Italia la quota di Netflix sarebbe tra 200 e 300 mila clienti su un totale di 700 mila. Numeri ancora molto bassi, ma la sfida è appena iniziata. E Reed, come abbiamo imparato, non ha fretta.