Il Messaggero, 12 aprile 2016
Da YouTube ai concerti. Il successo di Benji e Fede
Non esiste Stephen King che tenga. Hanno superato anche Anna Todd, l’eroina letteraria degli adolescenti della saga After. A una settimana dalla pubblicazione di Vietato smettere di sognare (Rizzoli), Benji e Fede sono primi nella classifica dei libri più venduti, risultato che va ad aggiungersi al disco di platino con il debutto 20:05, ai milioni di visualizzazioni su YouTube, ai sold out dei concerti. Un esercito di oltre 30.000 fan è passato negli store italiani per farsi selfie con questi principini del regno parallelo, quasi sconosciuto agli adulti. Il libro è un diario zeppo di foto e di tutte le prime volte: il primo giorno alle elementari, il primo tatuaggio, la prima canzone, con tanto di mappa dei loro posti preferiti, dalla gelateria al campetto di calcio. Tutto volto a ripercorrere la storia, nata e coronata sul web, di due ragazzi normali, Federico Rossi e Benjamin Mascolo, ventenni di Modena (Benji ha origini australiane) con in comune ciuffi e passione per la musica, che si conoscono online e decidono di fare canzoni. La collaborazione tra Modena e la Tasmania inizia da un messaggio su Facebook alle 20:05, poi il boom a suon di teen-pop, senza passare per i talent. «Per noi era una scelta precisa, decidere il nostro percorso», ci racconta Federico.
Il successo del disco non ve lo aspettavate, quello del libro?
«Nemmeno. Volevamo solo scrivere la nostra bio per i fan e dare il messaggio che i sogni vanno inseguiti. Il risultato ci ha scioccato. Sono tanti e si moltiplicano, si parlano e si contagiano. Ci sorprendono».
Più fan, più haters?
«Non siamo scrittori, siamo musicisti, abbiamo fatto del nostro meglio. Il web ha accentuato la voglia di dare opinioni da dietro lo schermo e ben vengano le critiche, ci fanno crescere, ma ignoriamo le offese, che sulla rete sono il pane quotidiano».
Leggete libri?
«È una buona abitudine che purtroppo si perde con così tanti impegni. Siamo fissati per le autobiografie. Le preferite di Benji sono quelle di Kurt Cobain e Nelson Mandela».
Siete incappati in un bel guaio...
«Anni fa incontrammo un produttore interessato a noi. Ci colpì il suo studio, la sua casa, il suo curriculum. Era entusiasta delle nostre canzoni e firmammo un contratto di management blindato. Da allora fu una lite continua, non ci permetteva di fare la nostra musica, addirittura ci chiese di cantare un brano suo e di citare nel testo gli One Direction. Stavamo male, volevamo tornare a fare da soli ma ci arrivarono subito lettere dal suo avvocato che minacciavano di tenerci fermi per tre anni».
Avete trovato un accordo economico?
«Una somma altissima per le nostre famiglie normali. I nostri genitori sono stati straordinari perché hanno dato tutti i loro risparmi per farci riconquistare la libertà. Non li hanno dati per imporci un’altra strada, ma per farci proseguire la nostra».
Come avete fatto a fidarvi di qualcun altro?
«C’è voluto molto tempo. Eravamo restii anche solo a guardare i contratti, non valutavamo nemmeno più le proposte e ci bastavano i social. È stato un trauma psicologico, ancora più che economico, perché farci stare fermi per tre anni non sarebbe stato il fallimento ma la negazione della nostra carriera. Poi è arrivata la Warner, ci abbiamo creduto. Ci siamo tatuati 20:05 sul braccio poi abbiamo richiamato la Warner: oh, siete sicuri, non è che adesso volete cambiare titolo?».
A Sanremo non vi hanno preso, ma quest’anno siete andati al festival ospiti di Alessio Bernabei. Come vi ha accolto Conti?
«Ci ha fatto i complimenti. Se la prossima volta ci chiama in gara non rifiutiamo. La priorità però è il prossimo disco, che deve essere speciale, più maturo, e rappresentare noi, adesso, cresciuti».
Il successo vi ha reso più adulti rispetto ai coetanei?
«Frequentiamo le stesse persone di sempre, le relazioni sono invariate, però abbiamo più responsabilità».
Che tecniche usate per smarcarvi dai fan?
«È quasi impossibile riuscirci. Dormono sotto casa nostra a volte, o davanti i negozi in cui facciamo le presentazioni, per entrare appena aprono le porte. Abbiamo scelto il rapporto diretto».
Internet è il vostro palco. Quante ore al giorno siete connessi?
«Cellulare alla mano anche durante la spesa. La rete è utile per aggiornare i contenuti e fare entrare le persone nella nostra vita, la tv in confronto ha molti più filtri, ma per noi restano fondamentali i concerti. Non vogliamo fermarci e stiamo preparando un tour estivo. L’altra grande passione è il calcio, siamo nella Nazionale Cantanti, forse ci vedrete il 18 maggio alla partita del Cuore allo Stadio Olimpico di Roma».