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 2016  aprile 12 Martedì calendario

Un piccolo satellite tutto italiano dà ragione alla teoria della relatività di Einstein

Dopo le onde gravitazionali, arriva dallo spazio un’altra grande scoperta legata alla teoria della relatività di Einstein. Un piccolo satellite tutto italiano, Lares dell’Asi, messo in orbita nel 2012 dall’Esa con il vettore italiano Vega, ha ora misurato l’effetto di trascinamento che la rotazione della Terra genera sulla regione dello spazio intorno a noi. Il risultato è una prima mondiale, anche per la precisione della misura, ed è appena uscito su una prestigiosa rivista scientifica internazionale.
Nel 1918, alla fine della prima guerra mondiale, l’idea fu sviluppata da due fisici austriaci. Seguendo la teoria di Einstein appena pubblicata, studiavano l’effetto di una massa sullo spazio che la circonda, come nel caso della curvatura della luce o delle stesse onde gravitazionali. I due fisici predissero che se una massa, come il pianeta Terra, ruota su se stessa, i punti dello spazio vuoto che le sta intorno non rimangono fermi, ma vengono trascinati dalla massa che gira.
Con un esempio un po’ infantile, si può immaginare una biglia di ferro ruotante vorticosamente in un vaso di miele. Il miele intorno alla biglia verrà un po’ “trascinato” dal moto di rotazione della piccola massa. Se volessi misurare l’effetto (dovuto in questo caso a banale viscosità) potrei sospendere nel miele vicino alla biglia una particella ben visibile ed osservare il suo trascinamento. La biglia è il nostro pianeta Terra, in rapida rotazione, il miele è lo spazio circostante, e la particella è il satellite dell’Asi.
Lares (Laser relativity satellite) è un satellite passivo, che non deve fare niente se non avere una massa ed essere in una posizione ben misurabile. Il primo requisito è facile: una sfera compatta, con la maggior massa nel minimo volume possibile: una semplice palla di meno di 20 centimetri di raggio, fatta di tungsteno, molto denso, e che perciò pesa (sulla Terra) quasi 400 chili. Tra l’altro, dopo averlo messo in orbita, ci siamo resi conto di aver creato l’oggetto più denso di tutto il sistema solare.
Per misurare la posizione di Lares si usa un trucco da discoteca. La palla di tungsteno è coperta di specchietti (pomposamente chiamati retroriflettori) che vengono colpiti da raggi laser sparati da stazioni a terra. Dal tempo di andata-e-ritorno degli impulsi laser si misura con precisione millimetrica la distanza di Lares da vari punti della Terra e quindi la sua posizione lungo l’orbita circolare a 1.450 chilometri di altezza.
Si capisce bene che si tratti di una missione a basso costo ma di altissimo contenuto culturale, cioè il tipo di piccola missione scientifica di interesse per, e alla portata di, Asi. Su proposta un po’ pazza di Ignazio Ciufolini, dell’università del Salento, ancor oggi il responsabile scientifico della missione, nel 2008 decidemmo di buttarci a fare Lares, sfruttando le capacità delle Pmi spaziali italiane. Oltre al satellite- palla con specchietti integrati, si trattò di mettere in piedi, un po’ artigianalmente, un accrocco piro-meccanico per sganciare Lares in orbita al momento giusto. Mancava ancora il razzo per arrivare all’orbita richiesta. Decidemmo di prendere un rischio, e usare il lancio di qualifica (gratuito) del nuovissimo vettore Vega, sviluppato dall’Italia per la Esa. Il 13 febbraio 2012, dita di mani e piedi incrociate alla base di lancio Esa di Kourou, nel caldo infernale della Guyana francese, l’ex bagno penale di Papillon. La fortuna arride agli audaci: la matricola Vega si comportò come un veterano, portò l’ultimo stadio con la palla nel posto giusto, l’accrocco a molla funzionò meglio di una trappola per topi e Lares iniziò la sua vita orbitale, pronto farsi prendere a laserate.
Sommessamente, ma con orgoglio, notiamo che tutta l’operazione costò meno di otto milioni, forse un record nel campo spaziale. Dopo decine di milioni di misure laser, Ciufolini e i suoi sono adesso in grado di confermare che Einstein (guarda caso) aveva ragione. Lares, a 1.450 chilometri di altezza, viene trascinato per ben 4 metri all’anno dallo spazio rotante con la Terra. Per di più, la misura ha una precisione assoluta del 5%, un record mondiale, ma soprattutto è circa quattro volte meglio di quello che hanno fatto in Usa finora, spendendo molto, ma molto, di più.