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 2016  aprile 12 Martedì calendario

Denunciò suo fratello che rischiava di diventare un terrorista, ora gli altri silamici lo evitano

Monselice (Padova) Mai avrebbe immaginato di ritrovarsi solo, al verde e rifiutato. Perché Fouad un lavoro ce l’ha, perché nella sua amata Italia è sempre stato apprezzato per impegno e serietà e perché il giorno in cui decise di denunciare il fratello minore Adil che iniziava a simpatizzare per l’Isis minacciando di far esplodere Roma pensava di aver fatto la cosa giusta: «Per Adil e per l’Italia».
Ma a pochi mesi da quella denuncia, il quarantaduenne marocchino Fouad Bamaarouf, operaio a Monselice e dottore in Legge al suo Paese, ha paura e chiede aiuto: «Da quel giorno gli arabi mi guardano male, non mi saluta più nessuno e mi arrivano telefonate anonime. Esco di casa solo per andare al lavoro e per fare la spesa... mi sto chiedendo se ho sbagliato a dire quelle cose ai carabinieri». Gli arabi sono i suoi concittadini di fede islamica con i quali dovrebbe convivere a Monselice, qualche centinaio di persone.
A volte Fouad si pente di quel che ha fatto, a volte no. «Mio fratello non stava più bene in Italia e aveva preso una brutta strada. Io avevo la sua responsabilità e non volevo che diventasse un terrorista, anche se non lo è mai stato e forse non lo sarebbe mai diventato perché magari era solo un brutto periodo e poi sarebbe tornato come prima».
Adil, cassintegrato infelice e depresso, era stato espulso il 21 dicembre scorso per volontà del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, che giustificò così il provvedimento: «Vuole combattere per lo Stato islamico per “vendicare il mondo arabo”». Tutto era nato dalle dichiarazioni di Fouad. Dopo pochi mesi il Reparto operativo speciale dei carabinieri è andato a prelevare Adil a casa e l’ha messo su un volo per Casablanca.
«Lì si è fatto subito una settimana di carcere», raccontano gli investigatori. Ora vive con sua madre fra le palme della cittadina marocchina di Ben Slimane, senza lavoro e squattrinato. Domanda: quanto odia suo fratello? Risposta di Fouad: «Neanche un po’, spero, ha capito che l’ho fatto per il suo bene».
Ma qui arriviamo all’altro problema, quello economico. «Ho dovuto pagare l’avvocato del Marocco di Adil per farlo uscire dal carcere e sono rimasto senza soldi. Anche perché a lui hanno bloccato tutto in Italia: liquidazione, 5 mila euro, e conto corrente, 4 mila. È la legge sul terrorismo, pensano che i soldi servano ai suoi progetti. Adil però non aveva fatto nulla di concreto, nessun piano, era solo attratto dall’Isis».
Fouad, in Italia da 17 anni, è un musulmano moderato, molto lontano dal radicalismo jihadista che lui condanna come insensato e contrario ai precetti coranici. Lo stesso Corano che si trova all’ingresso di questa sua casa ai piedi dei Colli Euganei, un tugurio di pochi metri quadri, freddo, ammuffito, senza luce né gas.
Insomma, il piccolo eroe di Monselice che trovò la forza di denunciare il fratello per sottrarlo alle tentazioni del Califfo è oggi in difficoltà, finito ai margini della sua stessa comunità. Una situazione che ieri ha fatto sospirare anche il sindaco della cittadina, Francesco Lunghi: «È il colmo: tutti invocano una presa di posizione dell’Islam moderato nei confronti di quello estremista e quando uno ha il coraggio di farlo viene emarginato. Indagherò su questa vicenda e invito il signor Bamaarouf, che so essere brava persona, a venire da me a raccontare i suoi problemi».
Fouad gli dirà anche del suo sogno: «Diventare cittadino italiano».