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 2016  aprile 12 Martedì calendario

Referendum sulle trivelle, ecco la posta in gioco

Qual è la vera posta in gioco nel referendum del 17 aprile? Se si sta al merito del quesito, la differenza tra la vittoria dei sì e quella dei no appare minima: si vota solo sulle trivelle entro le 12 miglia. Parliamo di meno dell’1 per cento del petrolio e di meno del 3 per cento del gas utilizzati in Italia. Sono gli spiccioli dell’energia in gioco. Inoltre, se prevalesse il fronte ambientalista, le trivelle non verrebbero arrestate subito ma solo alla fine del periodo di concessione. La battaglia dunque è sul valore simbolico della sfida. Un’alta percentuale di sì suonerebbe come la richiesta di un cambio di rotta rispetto a scelte che negli ultimi due anni hanno fermato la corsa delle fonti rinnovabili e aumentato gli incentivi ai combustibili fossili. Il prevalere dei no sarebbe un via libera alle politiche energetiche che puntano sull’espansione dell’uso del petrolio che resta il principale nodo del contendere, visto che il carbone è ormai in declino e il gas è considerato anche dal fronte ecologista un elemento importante del periodo di transizione verso l’energia pulita. All’interno di questa dinamica, ecco i punti specifici di contesa.
VANTAGGI ECONOMICI
Secondo Davide Tabarelli, presidente di Nomisma energia ed esponente del Comitato per il no, nel sottosuolo italiano ci sono riserve per un miliardo di barili di greggio che valgono 40 miliardi di euro. Legambiente ribatte sostenendo che solo lo 0,9 per cento di questo petrolio è in discussione e che il greggio appartiene a chi lo estrae. Agli enti pubblici vanno le royalties: il 10 per cento per il gas e il 7 per cento per il petrolio in mare, esclusa una quota iniziale della produzione esente dal pagamento. Nel 2015 su un totale di 26 concessioni produttive solo 9 hanno pagato le royalties perché le altre sono rimaste all’interno della franchigia.
IMPATTO AMBIENTALE
Secondo Greenpeace, nei prelievi attorno alle piattaforme risultano contaminati più di due campioni su tre. Inoltre la Croazia ha deciso una moratoria sulle piattaforme estrattive e la Francia l’ha annunciata. Il fronte del no ribatte sostenendo che il livello di sicurezza è alto, che uno scenario come quello del disastro del Golfo del Messico in Italia è impensabile.
OCCUPAZIONE
È il cavallo di battaglia del fronte del no che parla di 10 mila posti di lavoro a rischio. Ma gli impianti off shore – ribattono le circa 300 organizzazioni della società civile che si sono schierate per il sì – sono sorvegliati solo da 70 persone. Per arrivare a numeri significativi bisognerebbe immaginare una forte espansione delle trivelle. Che, secondo il fronte del sì, comporterebbe una pesante perdita di posti di lavoro nel settore turistico.
LEGALITÀ DELLE CONCESSIONI
Il governo ha fermato le nuove esplorazioni entro le 12 miglia ma ha abolito la scadenza per le concessioni attuali (35 di cui 3 inattive, 1 in sospeso, 5 non produttive). Il fronte del no chiede di andare avanti a oltranza per sfruttare tutte le possibilità di ogni giacimento. Il fronte del sì ha già annunciato, in caso di mancato quorum, un ricorso in sede europea affermando che per i beni pubblici concessi in affidamento, come spiagge o fonti di acqua minerale, le concessioni prevedono sempre una scadenza.
FUTURO DELLE PIATTAFORME
Il fronte del no immagina una lunga convivenza con i combustibili fossili. Il fronte del sì ribatte che alla conferenza sul clima di Parigi 196 Paesi hanno deciso di bloccare l’aumento della temperatura entro i 2 gradi. Per arrivarci bisogna tagliare in modo drastico l’uso dei combustibili fossili. Se gli impegni di Parigi verranno rispettati, due terzi dei pozzi già individuati non potranno essere utilizzati.