il Fatto Quotidiano, 9 aprile 2016
I settant’anni della Vespa sul grande schermo, da Vacanze romane a Caro diario
A googlare “Vespa nel cinema” esce, di due ruote, pellicole e pixel, l’infinito mondo: non c’è da stupirsi, le Vacanze romane, quelle iconiche di Audrey Hepburn e Gregory Peck del 1953 per William Wyler, hanno fatto proseliti, instradato altri film e carburato l’immaginario collettivo. Non è esagerato intendere la Vespa mezzo di trasporto cinematografico privilegiato, perché su quali altri sedili, selle e sellini hanno poggiato le terga star del calibro di Ursula Andress e Jayne Mansfield, Virna Lisi e Milla Jovovich, Marcello Mastroianni e Charlton Heston, John Wayne e Gary Cooper, Jean-Paul Belmondo e Nanni Moretti, Matt Damon e Gérard Depardieu, Jude Law e Nicole Kidman?
Come la Vespa nessuno mai, e ora il sottinteso “vitino da” sta per celebrare i 70 anni su strada: brevettato il 23 aprile 1946, su progetto dell’ingegnere aeronautico Corradino D’Ascanio, lo scooter della Piaggio è l’epitome stessa del design industriale, uno status symbol italiano, una gemma degna della collezione permanente del MoMA di New York. Poteva il cinema farsela scappare? Ovvio che no, ma non ce ne vogliano Audrey e Gregory, che mitici e mitologici scorrazzarono per la Capitale su una 125, i primi a sdoganarla sul grande schermo siamo stati noi italiani, a soli quattro anni dalla commercializzazione: Domenica d’agosto, 1950, regia di Luciano Emmer, che per dirla con il compianto Morando Morandini utilizzò proprio la Vespa per “il trasferimento dell’esperienza neorealistica nella commedia di costume”.
Avanguardia su gomma, questo scooter flessuoso e risoluto, che di lì a breve le Vacanze di Wyler avrebbero reso fenomeno di costume, corsia preferenziale di sviluppo e, dunque, Boom economico: Dino Risi, che la Vespa da Poveri ma belli a Belle ma povere e Cocco di mamma la inforcò più volte, convenne che “non si poteva non darle spazio in quegli anni. Dopo la guerra si andava a piedi, la Vespa è stata il primo mezzo di locomozione delle masse, costava poco e quindi era molto diffusa”.
Immagine in movimento e suono, ovvero quintessenza stessa del cinema, divenne anche raffigurazione plastica e rombante di una nuova way of life, cristallizzata nel celebre claim pubblicitario “Chi Vespa mangia le mele!”. Sarebbe poi arrivata la (contro)rivoluzione Anni 80 di Vasco, “Chi non Vespa più e si fa le pere”, e quindi il ritrovato salutismo dei Lunapop, anno 1999, con la 50 Special e le “ali sotto i piedi”, perché un giro se l’è fatto anche la musica, ma la declinazione cinematografica rimane prevalente, a tal punto che tra leggenda e realtà c’è chi “Vespa nel cinema” non l’ha solo digitato sulla tastiera, ma tradotto in pratica: una Vespa 125 lanciata a tutto gas in platea. Accadde a L’Universale, il cinema-mito di via Pisana a Firenze, oggi rievocato dal film omonimo di Federico Micali. Non tra le poltroncine, ma addirittura dentro lo schermo, la Vespa è stata utilizzata senza distinzione di genere, dal Sangue sull’asfalto di Bernard Borderie (1958) a I nuovi angeli di Ugo Gregoretti (1961); senza preclusioni cromatiche, dal bianco-blu per Jude Law in Alfie (2004) al giallo scelto da Nicole Kidman in The Interpreter (2005) per raggiungere il Palazzo di Vetro dell’Onu; senza strettoie geografiche, dalla Costa Azzurra di Caccia al ladro, regia di Hitchcock, agli American Graffiti di George Lucas.
Un passaggio non si nega a nessuno, che sia l’action blockbuster Transformers o il Manuale d’amore dell’aficionado Giovanni Veronesi, la Notte brava di Bolognini o i mods versus rockers di Quadrophenia, l’apocalittico The Day After Tomorrow o il nostranissimo Ragazzo di campagna la Vespa fa la fortuna di chi ci si siede, talvolta ricambiata: dopo Hepburn e Peck, chi più s’è sdebitato è il nostro Moretti, che In Vespa, una 150 Sprint, ci ha guidato tra le righe del suo Caro Diario. Mezzo di locomozione, dal Gianicolo all’Idroscalo, e mezzo di interpretazione del Nanni-pensiero, in “questa cosa che mi piace fare più di tutte!” Moretti preconizza l’equivalenza perfetta tra il cavallo del western e la Vespa nel film urbano/metropolitano: laddove si cavalcavano avventure, qui si mettono in marcia pensieri, tra spleen e sensi unici. Ma tocca, infine, fare un’inversione a U, perché la Vespa è femminile, plurale: il “vitino da” fu anche di Sophia Loren e Gina Lollobrigida, il ronzio quello inconfondibile del Mito. Oggi come 70 anni fa: “Rosse di fuoco, comincia la danza”.