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 2016  aprile 10 Domenica calendario

La Polonia vuole vietare l’aborto

È stata la stessa premier Beata Szydlo, esponente di Diritto e Giustizia, ad annunciare qualche giorno fa l’intenzione del governo di presentare un disegno di legge per vietare l’aborto con pene fino a cinque anni di reclusione per le donne che dovessero ricorre all’interruzione di gravidanza clandestinamente. Il disegno di legge è fortemente voluto dalla Conferenza episcopale polacca ed è l’ennesima dimostrazione della deriva reazionaria del partito di governo e di una parte dell’opinione pubblica. Toni e immagini della propaganda anti-abortista richiamano quelli delle organizzazioni pro-life americane. L’aborto viene paragonato al genocidio e, come a Poznan qualche anno fa, sono apparsi manifesti con il volto di Adolf Hitler accostato alle immagini grafiche dei feti.
Non tutti sono d’accordo con l’iniziativa del governo e la posizione dei vescovi. Quando in occasione della Santa Messa i sacerdoti hanno illustrato ai fedeli la proposta di legge, molte donne hanno abbandonato le chiese in segno di protesta, come testimoniato da un video pubblicato dal quotidiano Gazeta Wyborcza. La matrice americana delle tattiche anti-abortiste utilizzate in Polonia viene confermata dallo stesso Mariusz Dzierzawski, il più noto attivista del Paese: “Non è farina del nostro sacco. Personalmente mi ispiro a Gregg Cunningham, un attivista anti-abortista americano che ha fatto un viaggio in Polonia nel 2004 e ci ha insegnato molte cose su come far marciare le nostre idee”. Pare che le immagini dei manifesti vengano direttamente dall’organizzazione di Cunningham, il Center for Bio-Ethical Reform il cui sito è collegato a 15 “affiliati internazionali” in Europa e Africa. “Ci scriviamo quasi tutti i giorni – aggiunge Dzierzawski – sono stato negli Stati Uniti e aggiorno Cunningham su tutto quanto succede in Polonia”. Il dibattito in Polonia è diverso da quello americano per due aspetti. Anzitutto in Polonia il ricorso all’aborto è stato legale e facilmente praticabile per quasi quaranta anni durante il regime comunista. In secondo luogo, da quando, nel 1991, è iniziata la cosiddetta transizione democratica, la Chiesa polacca ha fatto sentire la sua influenza – per non dire ingerenza – nella politica del Paese. Già nel 1993, sulla spinta della Chiesa cattolica, la legge sull’aborto è stata modificata e ora le donne possono chiedere l’interruzione di gravidanza solo nei casi di stupro, incesto e gravi pericoli per la salute della madre e del nascituro.
Una delle conseguenze dell’atteggiamento sanfedista della Chiesa è che molte donne non si fidano più dei consigli dei loro ginecologi o dei medici curanti. Maria Pawlowska, sociologa e madre, lo conferma: “So di un medico polacco che ha dissuaso dall’abortire una sua paziente ribadendo che dagli esami il feto risultava in perfetta salute. In realtà il bambino è nato con gravi malformazioni. E non si tratta di un caso isolato”.