il Fatto Quotidiano, 10 aprile 2016
Il gruppo Cairo funziona anche grazie a un po’ di scaramanzia
È il 19 il numero preferito di Urbano Cairo. “È stato un giorno 19 che ho lanciato l’offerta d’acquisto per la Giorgio Mondadori, è stato un giorno 19 che ho inaugurato il settimanale Dipiù, ed è stato il 19 che ho acquistato la vecchia concessionaria pubblicitaria di Telepiù”. Per lanciare l’offerta pubblica di scambio su Rcs Mediagroup, però, Cairo ha dovuto scegliere l’8 aprile perché altri gruppi – si sussurra a Piazza Affari – avevano messo nel mirino la società: e così il suo assalto con offerta di scambio fra azioni di Cairo Communication e Rcs ha colto impreparati anche alcuni azionisti eccellenti.
Per acquisire La7, Urbano Cairo aveva messo sul piatto nel marzo 2013 un milione di euro (ma facendosi consegnare la società da Telecom Italia con una cassa di 88 milioni di euro); ora prova a prendere il controllo di un’altra “patata bollente” (così aveva definito allora quella operazione) con un’offerta tutta carta contro carta (solo azioni Cairo Communication, niente soldi per chi aderirà). Dalla sua ha un appoggio importante in Intesa Sanpaolo – che oltre a essere fra gli azionisti di Rcs (4,2%) – è fra le banche creditrici più esposte ed evidentemente non ha molta fiducia nell’ennesimo piano industriale di un manager (Laura Cioli) nominato da un gruppo eterogeneo di azionisti di riferimento che in questi anni hanno portato Rcs alla deriva.
Tra i grandi soci,che dovranno decidere se accettare la proposta di Cairo, ci sono Mediobanca col 9,9%, Della Valle col 7,3%, Unipol col 4,6% e appunto Intesa col 4,2%. Il gruppo Fca (Fiat Chrysler) – nell’ambito della fusione delle sue attività editoriali col gruppo Espresso – ha ancora in portafoglio il 16,73% di Rcs, ma ha già annunciato che a breve lo distribuirà pro-quota ai suoi soci, che saranno poi liberi di vendere o tenersi tali azioni. Exor – che riceverà da Fca un pacchetto del 5% di Rcs – cederà tali azioni sul mercato.
Urbano Cairo, che è già azionista di Rcs con un pacchetto del 4,6% (detenuto a titolo personale), punta a salire al di sopra del 50% del capitale del gruppo, lasciarlo quotato, e chiedere alle banche creditrici (Ubi, Intesa, Mediobanca, Unicredit e Bnp Paribas), esposte per 487 milioni di euro, di non mettere i bastoni tra le ruote almeno fino a fine 2017. Da mesi le banche stanno cercando di rinegoziare il debito e richiedere fra le misure un aumento di capitale.
Quando nel luglio 2000 si quotava in Borsa, Cairo Communication aveva circa un decimo della capitalizzazione di Rcs Mediagroup (allora si chiamava Hdp); venerdì la società di Cairo capitalizzava 370 milioni di euro, Rcs solo 237. Non solo: fra 2006 e il 2015 il gruppo Cairo ha distribuito 212 milioni di dividendi ai suoi azionisti in un settore che vedeva la redditività crollare. Per Emanuele Oggioni, di HZ & Partners, la valutazione implicita del gruppo Rcs espressa nell’offerta è modesta, ma “Cairo è il partner industriale ideale per ristrutturarla. E chi aderisce all’ops potrà partecipare ai frutti del risanamento restandone azionista. Con La7 ha comprato un asset disastrato e l’ha riportato in bonis in tempi record”.
C’è un settore dove il curriculum di Cairo è debole: il digitale dove il suo gruppo ha finora creduto poco: “Da Internet non si guadagna, eppure i gruppi editoriali aprono siti internet. Non capisco come si fanno i soldi, dunque non me ne occupo”. Se acquisirà il gruppo Rcs (che ha una presenza online forte) se ne dovrà occupare. Da poche settimane il sito corriere.it ha sposato la formula del metered paywall, la possibilità per gli utenti di leggere gratuitamente solo un certo numero di articoli, oltre i quali è necessario pagare.
Tornando a Cairo: su 100 di fatturato nell’area editoriale del bilancio, il suo gruppo riesce a generare un utile prima delle tasse (ebit) del 14%. In questi mesi più volte Cairo ha chiesto perché Rcs non possa essere gestita in modo altrettanto efficace. Come? Tagliando i costi, come a La7, per almeno 200 milioni: “In Europa l’editore con il miglior rapporto costi/ricavi è il gruppo inglese Trinity Mirror con 80, poi c’è la Cairo Editore con 85, poi la spagnola Prisa con 87. Rcs è a quota 98”.
Se la società non produce cassa non si possono abbattere i debiti (attualmente Rcs ne ha per 486 milioni, mentre Cairo Communication ha in cassa 106 milioni). I bilanci di Cairo Communication e Rcs e a confronto dimostrano che seppure quest’ultima è 5 volte più grande come fatturato e con testate importanti (Corsera, Gazzetta dello Sport, El Mundo) la gestione operativa è disastrosa. E per cercare di mettere una pezza qualche mese fa si è continuato sulla strada di svendere i gioielli di famiglia. Prima la sede di Via Solferino, poi la Rcs Libri. Affossata dai debiti e dagli ammortamenti per le acquisizioni passate, la Rizzoli con un miliardo di fatturato produce 16,4 di milioni di margine operativo lordo (ebitda), meno del gruppo Cairo: quest’ultimo, poi, ha chiuso il 2015 con utile netto di 11 milioni, mentre Rcs con una rosso da 176 milioni.