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 2016  aprile 10 Domenica calendario

Il Perù che vuole la figlia di un dittatore come presidente

Il simbolo con cui Keiko Fujimori vincerà le elezioni peruviane di oggi è una «kappa» bianca su sfondo arancione. Si potrebbe pensare che la figlia quarantenne dell’ex dittatore Alberto Fujimori abbia scelto la propria iniziale per marcare la differenza col passato, come a dire: io sono in primo luogo Keiko, una Fujimori nuova di zecca. Tuttavia, questo logo è identico a quello con cui la donna aveva già perso le presidenziali del 2011 e l’arancione è lo stesso che suo padre usò per la campagna del ’90, quando inaugurò un decennio di oscurantismo, corruzione e terrorismo di Stato.

Com’è possibile che dopo quattro presidenti democraticamente eletti e giunti a fine mandato, il Perù, la cui storia è infestata dalle dittature militari, scelga ora di votare la figlia dell’ultimo dei suoi despoti? Gli analisti dicono che nel ballottaggio del 7 giugno la maggioranza degli elettori farà di tutto perché questo non accada, ma alla vigilia del primo turno, il 33% degli aventi diritto giura di volere un altro Fujimori presidente.
La strategia di Keiko è stata quella di spendere gli ultimi anni promuovendo la propria immagine in giro per il territorio nazionale. Così, ha compreso meglio dei suoi avversari quali siano i problemi di una popolazione per il 20% povera, in cui il 75% dei lavoratori è in nero, che primeggia nell’export di coca e metalli, ma dove industria e servizi sono deboli.
Invece che assecondare chi voleva da lei una condanna pubblica alle malefatte del padre, Keiko si è limitata a chiamare «errori» i crimini per cui questi sta scontando 25 anni di carcere e a firmare un impegno a non liberarlo in caso venga eletta. Il suo argomento è che Fujimori sbagliò nel dare carta bianca al capo dell’intelligence Vladimiro Montesinos, ma non sapeva della sterilizzazione forzata di 330 mila donne d’etnia quechua e delle squadre di sicari che ammazzavano gli oppositori politici.
Su questi punti, però, diversi ex funzionari del governo paterno l’hanno smentita in tribunale. D’altra parte, la famiglia Fujimori viveva proprio dentro l’edificio del servizio segreto e nel ’94 la stessa Keiko ci mise la faccia, quando i genitori divorziarono e Alberto la volle come First lady. Sua madre Susana era fuggita dalla corruzione dilagante di cui era stata testimone e per questo dice di esser stata torturata.
Gli scheletri nell’armadio, però, stanno avendo meno peso sull’opinione pubblica peruviana che le promesse di campagna. Nell’ultimo discorso, Keiko ha detto: «Dedicherò i primi cento giorni di mandato ai cento comuni più poveri», e ha aggiunto l’assegnazione di nuove case popolari, acqua potabile per bassifondi e paesini, meno tasse a piccole imprese e negozianti, incentivi al lavoro giovanile, Internet nelle scuole e legalizzazione delle miniere clandestine che inquinano l’Amazzonia.
Poi, ha urlato: «Saremo drastici con i criminali. Come i contadini furono convocati a lottare contro il terrorismo, ora chiamerò i cittadini contro la delinquenza». Parlava della guerra scatenata da suo padre contro i sovversivi di Sendero Luminoso e dell’Mrta. La folla è esplosa in un boato. Ci furono 70 mila morti, un terzo dei quali per mano dell’esercito. Molti peruviani credono si debba fare lo stesso con ladri, narcos e stupratori. I restanti connazionali temono un ritorno ai vecchi tempi, ma il candidato sfidante Pedro Paulo Kuczynski, ex ministro liberale sostenuto dalla borghesia, sgomita al 16% con la proposta della sinistra ambientalista, Veronika Mendoza. Gli indecisi sono appena il 7%.