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 2016  aprile 10 Domenica calendario

Cairo vuole scalare Rcs ma non tutti sono convinti

La scalata di Urbano Cairo alla Rcs – lanciata attraverso un’offerta pubblica di scambio sul 100% del capitale e condizionata al raggiungimento del 51% – scuote i principali soci di Via Rizzoli. Che si dividono di fronte a un’offerta che dà al titolo della società editrice del Corriere della Sera un valore di circa 0,551 euro (o 0,527 senza il dividendo da 20 centesimi) contro gli 0,45 della chiusura di venerdì, in ragione delle 0,12 azioni Cairo Communication scambiate per ogni titolo Rcs Mediagroup.
Gli unici a scendere al fianco dell’ex enfant prodige dell’entourage berlusconiano sono gli uomini di Intesa Sanpaolo, che di Rcs hanno il 4,176% del capitale e, soprattutto, quasi la metà dei 490 milioni di debiti del gruppo. L’ad Carlo Messina ha sempre posto l’accento sulla necessità della banca di tutelare il proprio credito. Schierando Banca Imi – che insieme a Equita assiste Cairo nell’operazione – i vertici di Ca’ de Sass considerano l’operazione in grado di offrire una maggior stabilità finanziaria rispetto ad oggi. O quantomeno capace di smuovere le acque. Qualcuno sussurra che, dietro l’intervento di Intesa, ci sia l’interessamento diretto di Giovanni Bazoli, a cui sarebbe stata offerta la presidenza di Rcs. In realtà è ancora presto per parlare di poltrone. L’Ops di Cairo (che «non è un’operazione ostile», ha precisato l’editore all’agenzia Bloomberg) non convince diversi soci di peso. Ieri, in una giornata dai telefoni roventi, Cairo ha spiegato l’operazione anche ai principali azionisti, non preavvisati, così come non lo sono stati i vertici del gruppo: l’editore de La7 ha telefonato al presidente Maurizio Costa e all’ad Laura Cioli solo nella serata di venerdì, a cose fatte.
Da Mediobanca (6,2%) a Unipol (4,6%), fino a Pirelli (4,43%) e Diego Della Valle (secondo socio col 7,32% che tempo fa aveva cercato di dissuadere Cairo), la valutazione è sostanzialmente coincidente: l’offerta è irricevibile. La valorizzazione di Rcs non riconosce un premio per il controllo, è anzi giudicata irrisoria ed effettuata con «carta» – i titoli della Cairo Communication – a loro giudizio sopravvalutata. Dubbi anche sugli aspetti industriali dell’operazione. Cairo Communication sarebbe troppo piccola per puntare su Rcs e il futuro de La7 incerto, in un panorama televisivo in forte cambiamento come dimostra il recente accordo tra Mediaset e Vivendi.
Quantomeno siamo davanti all’inizio di una trattativa sul prezzo. Tempo ce n’è. Tra 20 giorni sarà depositato il prospetto in Consob, che avrà a sua volta 30 giorni per dare il via libera. Cairo conta di chiudere l’operazione a inizio giugno. Nel frattempo altrove si cercano alternative. In molti guardano a Francesco Gaetano Caltagirone, che però – a quanto pare – non avrebbe raccolto, almeno non ancora, gli inviti che gli sono stati rivolti. Al pari di Andrea Bonomi, non interessato, come non lo sono Gianfelice Rocca o i Moratti, da cui è giunto un cortese «no, grazie». Finché un mesetto fa, in pieno impasse, Cairo ha dato corso al progetto che aveva in mente da tempo, ben prima che – a seguito dell’accordo con l’Espresso per l’aggregazione con La Stampa e Il Secolo XIX – Fca decidesse di uscire dal capitale di Rcs, distribuendo il 16,7% agli azionisti, con Exor che ha già dichiarato l’intenzione di cedere il suo 5% in maniera frazionata sul mercato. Comunque Cairo non si arrende: conta sul fatto che i grandi soci tanto grandi non sono, e contano suppergiù per un 22%. Convincendo il mercato, in particolare i fondi, l’operazione potrà decollare.