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 2016  aprile 11 Lunedì calendario

Il lungo viaggio di Alex Zanardi. Intervista

Alex Zanardi è emozione. Ironico, leggero, curioso con quella sua voglia di scrutare l’orizzonte e con l’entusiasmo di un ragazzino – anche se a ottobre avrà cinquant’anni – che non si stanca mai: è il campione che non ti aspetti, il campione che ama davvero lo sport. Dal dolore Alex ha reagito, ha elaborato la vita, è andato avanti. Eppure, prove dure, anzi durissime, ne ha avute. La prima quando aveva 13 anni (nel 1979) e ha visto Cristina, la sorella maggiore, morire in un incidente stradale. La seconda, tremenda, nel 2001 sulla pista tedesca di Lausitzring con quel botto che gli ha portato via le gambe.
Alex, il viaggio verso le Paralimpiadi di Rio è cominciato da Roma.
«Sono arrivato qui in grande condizione. Da questa gara cerco di portare a casa anche dei dati. Il ciclismo è sport scientifico. Gli avversari che troverò a Rio? Tanti e bravi, ma da Roma vado via con buone sensazioni».
Nessuno si sarebbe aspettato, dopo l’incidente del 2001, un campione come lei. La sua è una straordinaria sfida.
«Ho trovato subito la forza per tornare a vivere, trovi cose da fare e la vita torna esattamente quella di prima, quella di sempre».
Ci pensa mai a quel giorno del 2001?
«Ricordo che sono stato bravo, a Berlino in ospedale, quando mi chiedevo come farò a fare tutte le cose che devo fare. Da quel momento si è aperto davanti a me un altro mondo».
Lei parla con entusiasmo dei grandi campioni dello sport, li esalta, li ammira, li racconta. Ma Zanardi era così anche quando era solo un pilota di macchine?
«Ammetto di no. Anzi, da bambino non mi piaceva tanto lo sport e a scuola, a Bologna, durante l’ora di ginnastica ero quasi sempre l’ultima scelta. Era il calcio a non piacere a me, non il contrario. Non avevo passione, ero anche grassottello».
Qual è stata la scintilla che ha cambiato quell’apatia?
«L’arrivo del primo go kart. È cambiato tutto. Da quel momento ho sempre cercato di osservare quello che mi accadeva intorno. Ho capito che puoi vincere in Formula 1 guardando e imparando anche da un gara di giavellotto».
Lei non sa cosa sia essere appagato, vero?
«Devi avere passione, sempre, in ogni condizione. Prendiamo una gara: partono in cento e fino all’arrivo tutti si divertono. Solo uno va a casa più contento degli altri. Se non hai passione non vai avanti».
Lo scorso anno ha corso una 24 ore in auto. Esperienza che ripeterà quest’anno?
«Con la Bmw è stata una bella sfida. Ho gareggiato a Spa guidando la Z4 nella 24 Ore. Erano nove mesi che non guidavo un’auto da corsa. Ho girato con gli stessi tempi dei piloti più giovani e l’ho fatto per tutta la notte».
Poi il giorno dopo...
«Sono andato in Svizzera, a Nottwil, per i Mondiali del ciclismo. Ero stanchissimo ma dal mercoledì ho cominciato a vincere. Alla fino ho conquistato tre ori».
Ripeterà l’esperienza quest’anno: auto e ciclismo?
«Non so, ma non certo prima di Rio. Con la Bmw stiamo pensando alla M6, ma questo è un anno molto importante per le Paralimpiadi. Per ora non c’è nulla, ma dopo Rio sarà ancora estate e ci sarà tempo».
Rio è l’appuntamento. Che significato ha per lei questa competizione?
«È una bellissima scusa per fare una cosa che mi piace tanto. Ricordo un pomeriggio di tanti anni fa, era inverno e giravo a Vallelunga con la Bmw. Mi dicevo: che fortuna, mi pagano per fare questa cosa. E allora come fai a evocare la parola sacrificio? Adesso mi auguro di tornare dal Brasile con del metallo al collo, ma so che quando arriverà l’ultimo giorno sarò molto triste. Ecco perché non ho nessuna fretta di arrivare».
La Formula 1 è sempre nel suo cuore. Che campionato è quello attuale, con tante polemiche intorno?
«Le polemiche fanno rabbia anche a me. Bisognerebbe mettere da parte l’orgoglio e seguire il buon senso. Questa è una Formula sbagliata anche se io metterei la sveglia anche adesso per guardare l’ultimo e sconto gran premio della stagione».
Ma Zanardi che Formula 1 sogna?
«Vorrei vedere trenta macchine al via e auto che possono giocarsela sempre, in un campionato imprevedibile fino alla fine mentre adesso non è così».
Come giudica la Ferrari e l’ultimo guasto che ha fermato Vettel?
«Il guasto non è strano. La Ferrari deve fare ricerca per progredire ma non dimentichiamo che i grandi costruttori non hanno bisogno della Formula 1 per lo sviluppo».
Si è discusso delle prove per la pole position. Cosa ne pensa?
«Che quello delle prove, per la Formula 1, è l’ultimo dei problemi»