la Repubblica, 11 aprile 2016
Il fenomeno degli stagisti cinquantenni
Nelle pieghe dei dati che certificano la crescita occupazionale degli over 50 c’è un fenomeno che sfugge alle statistiche: quello degli stagisti cinquantenni. Persone che hanno perso il lavoro, ma sono troppo giovani per la pensione e troppo vecchi per un vero reinserimento nel mondo del lavoro. Per rimettersi in gioco puntano tutto su uno stage, proprio come i loro stessi figli che hanno anche 30 anni di meno e nessuna esperienza.
Secondo l’Istat, la forza lavoro in Italia è sempre più anziana. A febbraio di quest’anno, la crescita di occupati over 50 è salita di 286mila persone rispetto allo stesso mese dell’anno precedente con una crescita del 3,9 per cento. In totale i lavoratori con più di 50 anni sono 7,6 milioni mentre i disoccupati in questa fascia d’età sono 478 mila, in calo rispetto al 2015. E a ingrossare il dato degli occupati ci sono anche quei cinquantenni disposti a prendere 300 euro al mese di stage pur di rimettersi in gioco.
Le storie alle spalle di queste persone hanno vari denominatori comuni: un passato di lavoro solido di 20 o 30 anni, il fulmine a ciel sereno della perdita del posto, il tentativo di ricostruirsi una professionalità e senza lasciare spazio alla depressione. Prima di arrivare a uno stage, generalmente, si approda a un corso di formazione promosso da un ente pubblico – come ad esempio la Regione – che serve per imparare un mestiere da zero. Così ex impiegati cominciano a studiare da pasticceri, da artigiani, da cancellieri nei tribunali. Alla fine di questo percorso, arriva lo stage vero e proprio: dai 300 ai 500 euro di rimborso mensile, quando va bene. «Ma in realtà questo strumento non è adatto alle persone adulte – sostiene Eleonora Voltolina, direttore del portale “la Repubblica degli stagisti” – lo stage ha in sé una componente formativa che è specificamente pensata per i giovani, perché è più generalmente l’idea di imparare come si sta in un posto di lavoro. A una persona che ha lavorato per 20 anni e che ha perso il posto, non puoi pensare di insegnare a rispettare gli orari, piuttosto che a gestire il rapporto con i colleghi, perché sono cose che sa già fare. Quindi bisogna distinguere tra i corsi di formazione e gli stage: le due cose devono rimanere distinte. Far fare lo stage a un cinquantenne secondo noi è umiliante».