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 2016  aprile 10 Domenica calendario

«Chi è quella nuova puttana?». La dolce vita di Kiki, musa senza pudori

«Chi è quella nuova puttana?», chiese ad alta voce un pittore, Kisling, indicando l’adolescente seduta a un tavolino del più celebre caffè di Montparnasse, La Rotonde. Copiosamente incipriata per sembrare meno giovane, i capelli alla garçonne, la frangia sulla fronte e i lunghi orecchini che le carezzavano le guance, Kiki, la futura diva del quartiere, replicò in rima all’artista. Colpito dal suo spirito, Kisling la invitò a posare per lui. In poco Kiki tempo diventò la modella più famosa di Montparnasse: la ritrassero Kisling, Modigliani, Soutine, Calder, Foujita, Pascin.
IL CARATTEREArrivava con aria timida, un dito tra le labbra rosse, ma appena si toglieva il cappotto restava completamente nuda. Più che del pudore, da cui era indenne, Kiki si preoccupava per quella che considerava una tara: l’assenza di pelo pubico. Foujita, impressionato, aveva continuato ad avvicinarsi per controllare se i peli erano cresciuti durante la seduta.
Soutine per scaldare lo studio aveva bruciato nella stufa i suoi mobili. Utrillo, emozionato, l’aveva ritratta per tre giorni senza mai smettere di dipingere. Quando però lei tentava di guardare la tela, lui la respingeva. Solo alla fine si era accorta che l’artista aveva dipinto un paesaggio.
Pronta a cantare con voce roca le canzoni più sporche, Kiki, con la sua allegria, la sua indipendenza e la sua spregiudicatezza, incarnava la joie de vivre degli artisti di Montparnasse. I contemporanei la paragonavano a un cervo, a un magnifico gatto. 
La gloria non le importava. Era stata con successo pittrice, cantante, fotografa e attrice, ma restava devota soltanto alla febbrile, disordinata vita notturna di Montparnasse, quella miscela di alcool, sesso e danza. A un uomo che voleva convincerla a sposarlo rispose: «Tutto quel che mi occorre è una cipolla, un pezzo di pane e un litro di rosso e troverò sempre qualcuno per offrirmelo!»
GLI AMICI
Kiki era disinteressata, ma pronta a raccogliere soldi se vedeva qualcuno in difficoltà. Di famiglia povera, aveva iniziato mostrando il seno nudo per pochi franchi per sfamarsi, ma aveva continuato a farlo, come un’allegra biricchinata, alzando la gonna davanti agli ammiratori, esclamando: “Questo vi costerà un franco o due!”. Però quando uno sconosciuto le aveva strizzato il petto, si era scatenata su di lui, coprendolo di insulti.
In quella bruna provocante, che spiccava come una polena al banco dei caffè, tutti avvertivano una misteriosa regalità. Come scrisse Hemingway che ora possiamo leggere nella prefazione alle “Memorie di una modella”, ora edito da Castelvecchi : «Kiki fu lì lì per essere una regina, ma questo naturalmente è molto diverso dall’essere una signora». Purtroppo gli Stati Uniti non autorizzarono la pubblicazione di quelle memorie troppo piccanti, nel loro stile scabro e veloce.
Kiki di Montparnasse non aveva problemi a esibire il suo corpo, ma quando sulla scena comparve Man Ray si fece pregare per farsi fotografare nuda. Poi accondiscese simulando una viva timidezza. Il fotografo americano si era follemente innamorato di lei, ma aveva osato dichiararsi solo al secondo appuntamento, con una lentezza inconsueta in quel mondo. 
L’AMORE
Fu un amore burrascoso. «Non puoi lamentarti perchè hai una delle più belle donnine, innamorata, non stupida, nè rompiscatole, nè spendacciona, nè puttana, nè sifilitica», gli aveva scritto Kiki. Le labbra del famoso quadro di Man Ray, “Gli innamorati”, nascono dall’impronta rossa impressa da Kiki sul colletto della camicia dell’amante, per scoraggiare eventuali rivali.
Era stata Kiki a lanciare la moda dei topolini ammaestrati che le belle portavano sempre con sè. «La vita in fondo è talmente limitata, talmente priva di nuovi peccati, talmente diabolica che bisogna avere un topo, un topolino bianco, da portare in giro tre i cocktail e il tè», spiegava carezzando la bestiola con le dita laccate di rosso.
«Mi hanno spezzato il cuore? Niente affatto, lo tengo per me!» aveva risposto alla scrittrice americana Djuna Barnes, che l’intervistava sulla sua tumultuosa vita intima. Si era sposata ma presto suo marito era scivolato nella follia. La madre cui era affezionata malgrado l’avesse cacciata di casa era morta.
Ormai il suo celebre corpo era stato gonfiato dal grasso, ma conservava ancora un’eco dell’antica bellezza. E poi c’era la cocaina. «Un pizzico di polvere… e mi sentivo alleggerita. Niente più preoccupazioni, niente più noie, non mi accorgevo nemmeno più che ero ingrassata"» Del resto per consolarsi le bastava guardare indietro. «Modi e Kisling mi hanno fatto: cosa può volere di più una puttanella? Guardo i loro bei quadri e penso: Quella sono io, sapete. È bello, no?».