Corriere della Sera, 10 aprile 2016
Caso Regeni, le prossime mosse dell’Italia
Uno «sconsiglio» formale a recarsi per turismo in Egitto e la sospensione di alcuni accordi bilaterali, compresi quelli tra università. Ma anche la richiesta a organismi internazionali come l’Onu o la Banca Mondiale affinché stigmatizzino l’atteggiamento del Cairo riguardo al rispetto dei diritti umani. Sono queste le «prossime mosse» che saranno esaminate dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni nel corso delle «consultazioni» con l’ambasciatore italiano Maurizio Massari. È la strada tracciata alla Farnesina dopo il fallimento del vertice tra magistrati e investigatori che doveva portare a una collaborazione reale per sapere chi ha rapito, catturato e ucciso Giulio Regeni. In attesa che l’Egitto fornisca un segnale concreto sulla volontà di riprendere la cooperazione.
L’ambasciata «vuota»La «misura» che dà maggiormente il senso di quanto forte sia la frattura tra i due Paesi è comunque quella visibile dell’ambasciata vuota. La decisione di richiamare a Roma il rappresentante diplomatico non comporta infatti la chiusura della sede, ma il fatto che il responsabile sia assente perché deve decidere con il suo governo quali scelte compiere per «tenere alta la nostra dignità» – come aveva detto nei giorni scorsi Gentiloni e poi ha ribadito il presidente del Consiglio Matteo Renzi – è un messaggio che le autorità del Cairo certamente hanno colto. E non gradito. Anche perché è presumibile che la missione di Massari possa durare una settimana o addirittura di più, comunque fino a che non ci sarà un cambio di rotta del Cairo, per marcare ulteriormente l’irritazione dell’Italia per un atteggiamento del regime guidato dal generale Abdel Fattah al Sisi ritenuto «ostile».
Le «consultazioni» cominceranno martedì mattina, al ritorno di Gentiloni dal G7 in Giappone. E serviranno a valutare tutti i provvedimenti possibili e attuabili in tempi brevi per reagire in maniera efficace alla situazione di grave crisi che si è creata dopo il rifiuto degli inquirenti egiziani a fornire ai colleghi italiani i documenti originali del fascicolo d’inchiesta, primi fra tutti i tabulati telefonici relativi alle persone coinvolte nell’indagine, ma anche quelli che hanno «impegnato» le celle della zona dove Giulio Regeni è stato sequestrato e di quella dove è stato ritrovato il suo cadavere martoriato. Proprio per scoprire se ci fossero appartenenti agli apparati di sicurezza o comunque utenze presenti in entrambi i luoghi.
Gli accordi economici
Ci si muove su due tavoli. L’Italia tiene al momento separata l’azione diplomatica da quella strettamente economica, consapevole del rischio altissimo che numerose aziende possano essere danneggiate da una rottura definitiva dei rapporti commerciali. Ma l’intenzione – almeno a leggere le parole che il ministro pronuncia mentre è in missione in Giappone per il G7 – è quella di mantenere una linea dura, di onorare l’impegno preso con la famiglia del ricercatore catturato il 25 gennaio scorso e ritrovato cadavere in un fossato il 3 febbraio. E di evidenziare il mancato rispetto da parte delle autorità egiziane delle istituzioni italiane, visto che il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone aveva accettato di recarsi al Cairo con il sostituto Sergio Colaiocco per incontrare il procuratore generale Nabil Ahmed Sadek e in quella sede aveva ricevuto assicurazioni sulla volontà di fornire massima cooperazione, mentre due giorni fa c’è stata una clamorosa retromarcia.
Ecco perché ci si rivolgerà all’Onu, ma anche all’Unione Europea affinché affianchino l’Italia nella denuncia della violazione sistematica dei diritti umani degli stranieri da parte degli appartenenti al regime. E perché si sospenderanno le intese nei settori della cultura, dell’università, del turismo. Sperando che questo serva ad ottenere un risultato nella ricerca della verità.