La Gazzetta dello Sport, 9 aprile 2016
Il nuovo Acerbi, più forte dopo il tumore
La pizza tonno e cipolle è scomparsa dal menu. Mille giorni fa Francesco Acerbi scoprì di avere un tumore a un testicolo: seguirono operazione, ritorno della malattia e chemioterapia, con sciopero delle papille gustative. Per un periodo è andato avanti a cioccolato, dolci e pizza tonno e cipolle: solo sapori forti. Mille giorni dopo Ace è un’altra persona, perché non è detto che la malattia ti cambi in peggio. Mangia soprattutto verdura e ha buone ragioni per sperare di andare all’Europeo. Se chiedete a lui, vi dice che non è una novità, che è sempre andata così: «Se mi sfidi, vinco io».Luglio 2013-aprile 2016. Scegliamo dieci momenti per raccontare mille giorni?«Uno, la scoperta: la parola “tumore” impressiona, è importante. Due, il giorno in cui mi hanno dato l’ultima idoneità. Tre, il ritorno in campo, a settembre 2014 contro la Samp. Da quella gara dipendeva il mio futuro».Cioè, se fosse andata male… addio carriera?«No, ribaltavo tutti comunque però ci avrei messo più tempo del solito. Quattro, la chiamata in Nazionale. Conte mi ha abbracciato, si vedeva che quello che mi diceva veniva da dentro. Cinque, la prima chemio».Com’è stata?«Con tutte quelle sostanze, ero mezzo ubriaco. Mi sono detto: “Beh, se è così mica male…”. La facevo dalle 8 alle 2 del pomeriggio, avevo una televisioncina e guardavo Italia 1. Il programma migliore era il Dr. House, aspettavo lui».Nessun episodio familiare?«Il viso di mamma il giorno in cui mi ha visto a casa, ero lì per raccontarle tutto. Le ho detto: “Ho avuto un tumore. Mi hanno tolto un testicolo. Tutto ok. Tra 3 settimane gioco”».Così, senza farla nemmeno sedere?«Più o meno, ma è stato meglio dirlo dopo: è troppo ansiosa. Anche nel periodo della chemio è rimasta due giorni a casa con me, poi l’avrei buttata giù dalla finestra. È bravissima, stupenda, meravigliosa, ma non volevo che mi trattasse da malato».Mancano quattro episodi.«Sette, la curva del Sassuolo con i cartelli ACE COMBATTI. Otto Giovanna, una delle mie migliori amiche che ha avuto dei problemi e mi è stata vicina. Nove i bambini malati che ho conosciuto. Vado a trovarli a casa, loro mi scrivono, mi chiamano. Io chiedo di promettere di non mollare, perché i bambini sono molto più grandi di noi: se ti dicono una cosa, cercano di mantenerla».Mai avuto paura?«Mai. È stata molto peggio quella volta col Transit. Ero dopo la rotonda di Siziano, vicino a Pavia, ho sorpassato dove non dovevo e mi sono trovato davanti un furgone. Ho fatto in tempo a rientrare solo perché quello che superavo ha frenato. Decimo momento, la salvezza in Sassuolo-Genoa: io in panchina con i capelli quasi a zero, barba e champagne. Solo quel giorno ho capito che ero cambiato».In che senso?«Ho capito che volevo rientrare. Ho smesso di bere birra e alcolici, ho cominciato a mangiare bene: tanta verdura, frutta, riso, bresaola, un po’ di grana, acqua. Anche se la pizza tonno e cipolle resta tanta roba».E in allenamento?«Arrivo prima, faccio il massaggio e la vasca del ghiaccio. Alla fine, stretching. Chi ha equilibrio in testa fa bene in campo e io di serate ne ho fatte… soprattutto al Pavia o allo Spezia».E al Milan? Il sorpasso in classifica può essere questione di ore.«Mi hanno mandato via, ma al 90% è colpa mia. Pure al 95%».Il tifo rimane?«Da ragazzino ero uno da Fossa dei Leoni, partivo da Melegnano con gli amici e andavo a San Siro con la metro: l’ultima gara è stata la semifinale di Champions 2007, Milan-Manchester 3-0. Stavolta però tiferò Juve, dobbiamo andare in Europa».E Di Francesco al Milan?«Il mister è bravo e merita: per me è pronto».Quali sono i giocatori del Sassuolo adatti per una grande?«Berardi. Pellegrini tra due anni: ha tiro, è cattivo, forte fisicamente. Consigli. Vrsaljko. Poi Defrel e Sansone sono bravi, Duncan deve solo essere più continuo e anche Magnanelli meriterebbe».E Acerbi? L’obiettivo è tornare al Milan o in un’altra grande?«È indifferente, ho in testa quello che voglio e lo otterrò, però non lo dico. Ho i miei obiettivi e vado dritto. Una volta ero molto ribelle, chi mi sfidava perdeva perché mi fissavo e vincevo. Ora succede meno».Ha a che fare con la morte di papà?«Io ero combattivo e lui anche. Abbiamo avuto un rapporto di odio e amore e anche adesso penso a lui tutti i giorni. Resta una presenza, quando serve gli dico “Dai, dammi una mano”».Per l’Europeo serve una mano? Quante possibilità ci sono?«Siamo io, Astori, Ranocchia e forse Romagnoli per un posto. Diciamo il 50%».Ultima cosa. Quel tatuaggio sul quadricipite dice di non rimandare i desideri. Che cosa vuole fare oggi Acerbi?«Ho due segreti, li tengo per me. Uno riguarda Serena, la mia fidanzata, ed è una cosa bella».Non è che un figlio…«No, non è quello ma certo che lo voglio. Penso che lei possa essere quella giusta: se va bene, tra un anno ci si sposa». Per quel discorso dei segreti, ne è rimasto uno solo. Francesco Acerbi, tra mille giorni, avrà scoperto una nuova famiglia.