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 2016  aprile 09 Sabato calendario

Shevchenko, tutto convinto che il Milan di Berlusconi risorgerà

Milan-Juve gli ha cambiato la vita. «Ho fatto tanti gol, eppure non ce n’è uno che valga quanto quel rigore segnato a Buffon». Old Trafford, 28 maggio 2003. Andriy Shevchenko va sul dischetto quasi impaziente di tirare un rigore che valeva la Champions League. Il Milan non la vinceva da nove anni, che per qualcuno sono nulla e per il Milan allora era un secolo. Tanti piedi tremano in certe situazioni, ma Sheva era un calciatore freddo, e lo sguardo all’arbitro prima di battere Buffon è un cult per i tifosi del Milan. Sono passati 13 anni, si gioca a San Siro e non a Manchester, non è una finale di Champions ma una partita per tanti versi importante. Vale per la Juve che cerca altri punti-scudetto, vale per il Milan che cerca risposte. Ma non può esserci la stessa passione. «Però sarà la solita battaglia. Fra Juve e Milan non sono mai partite spettacolari, non lo fu nemmeno la finale, ma contano tanto anche quando magari contano poco. Voglio dire che c’è sempre la tensione giusta e anche la tensione fa spettacolo. Credo che mai come in questo tipo di partite un attaccante debba saper lottare per trovare il suo spazio, quei centimetri che fanno la differenza».
Ha incrociato tanti grandi difensori della Juve.
«La Juve ha sempre avuto un impianto solido. Io ho conosciuto più generazioni di juventini, le prime gare contro la Juve le ho giocate da ragazzo in Champions con la Dinamo Kiev. Tutti grandi avversari: Zidane, Del Piero, Inzaghi, Conte, Deschamps. Nedved, Bobo Vieri, Trezeguet. Ma ovviamente da attaccante io mi rapportavo di più ai difensori e studiavo la loro difesa: Buffon, Cannavaro, Montero, Ferrara, Iuliano... Contro di loro era sempre dura. E oltre alla finale mi sono rimaste impresse altre gare importanti: il 3-1 a Torino nel 2004, quando vincemmo lo scudetto. Segnai io, poi due gol di Seedorf. Fondamentale anche la partita di campionato giocata un paio di mesi prima della finale. Vincemmo a San Siro, gol mio e di Inzaghi. Per la Juve segnò Nedved».
Ricordi nitidi.
«Io mi ricordo tutto, d’altra parte ero il tipo di giocatore che riguarda le partite decine di volte. Credo che questo sia stato il mio grande pregio per tutta la carriera. La voglia di migliorarmi e di capire non mi è mai mancata. Appena finivamo di giocare rivedevo tutto. A parte gli ultimi anni». Ride. «Ecco, gli ultimi anni ho smesso di riguardarmi perché era meglio così. Anche se devo dire che qualche partita buona l’ho giocata anche a fine carriera. Ricordo la partita con la Svezia all’Europeo 2012. Eh sì, lì stavo proprio bene».
A proposito di Ucraina, fare l’allenatore è il suo nuovo mestiere.
«A dire la verità sono un allenatore in seconda e sto studiando. Sono molto curioso e eccitato per questa opportunità che mi ha dato la federazione ucraina. Vivere un Europeo in panchina sarà bello, so che imparerò molte cose».
Che tipo di allenatore sarà Shevchenko?
«È presto per dirlo, non ho ancora cominciato. Ho avuto la fortuna di lavorare con grandi allenatori, grandi compagni di squadra, giocando in grandi club: sono tutte informazioni che ho immagazzinato in anni di carriera e che mi torneranno utili per la nuova esperienza».
Gli allenatori italiani vanno molto di moda e il Chelsea ha scelto Conte. Perché lo ha fatto secondo lei?
«È una bella sfida, per il club e per Conte. Conte ha una mentalità forte, ha creato uno stile suo, le sue squadre sono riconoscibili. E credo che al Chelsea sia piaciuta la sua professionalità».
Ha la fama di essere un duro, magari al Chelsea è piaciuto anche questo...
«Ma chi cambia paese deve anche essere flessibile, perché cose che vanno bene in Italia magari non funzionano in Inghilterra. Conte mi pare una persona preparata e intelligente. Ha la testa giusta per fare bene anche in Premier League».
Le squadre inglesi in Europa non vanno forte come le spagnole. La Premier è ancora il campionato più bello?
«È equilibrato. In Spagna ci sono tre squadre, in Inghilterra si lotta di più, in questa stagione sono davanti a tutte Leicester e Tottenham, non esattamente le favorite classiche. Ranieri è stato bravissimo».
E c’è un altro italiano che al Chelsea piaceva e che arriva a San Siro per agguantare altri punti scudetto: Allegri.
«Ci siamo conosciuti a Londra tempo fa quando è venuto per un periodo sabbatico. Lo apprezzo molto e credo che abbia sorpreso tanti con i suoi progressi. È cresciuto enormemente come allenatore: quando è arrivato al Milan era giovane, nessuno immaginava bene le sue potenzialità, e nessuno probabilmente immaginava che avrebbe avuto tanto successo arrivando alla Juve dopo Conte. Invece Allegri ha saputo superare le difficoltà e ripartire. E ho visto la squadra in Champions: è uscita col Bayern, ma come ha giocato... La Juve è una grande squadra creata da Allegri e dalla società. Allegri è fra i grandi allenatori d’Europa».Pare una partita complicata, questa con la Juve, visto il momento del Milan.«Ogni club vive momenti delicati. Per tornare a vincere il Milan deve prima di tutto qualificarsi in Champions. La squadra si sta formando, ha giocatori nuovi, come Bacca, un attaccante che mi piace molto. Ci vuole tempo per assemblare, ci vuole pazienza. Ora la Juve è tanto avanti in classifica, ma sono convinto che anche questa partita sarà combattuta e giocata sugli attimi. Per vincere certe partite bisogna essere compatti. Era così anche ai miei tempi».