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 2016  aprile 09 Sabato calendario

L’incredibile stagione del Crotone, a un passo dalla Serie A

Due, tre partite, una decina di giorni, una questione di tempo e di punti. Una marea quelli del Crotone, 70, più quindici sul terzo posto, vuol dire aver giocato un campionato a parte, insieme al Cagliari. Vuol dire vederla ormai lì, quella grande A, per ora solo fatta di polistirolo, colorata di blu e rosso, messa su un balcone che guarda lu mare. Due bambini, è sera tardi, giocano non lontano dal bronzo che ricorda una delle glorie di questo angolo perso d’Italia, Rino Gaetano. Giocano a calcio per strada. Uno ha la maglia di Martella. L’altro di Budimir. Un murales, alle loro spalle, con un elmo greco. “Veniamo dalla Magna Grecia”, urlavano gli ultras a San Siro a dicembre: quarto turno di Coppa Italia, Milan-Crotone 3-1 dopo i supplementari. Mettere paura al Milan. Anche questo è riuscito a questo Crotone. Asfaltare la B, quello è stato il meno. Decollerà la festa, che ora stenta, è forse scaramanzia. Anche Ivan Juric, l’allenatore, predica pazienza: «Ci mancano ancora dei punti (i primi potrebbero arrivare oggi, contro la Ternana), e poi vogliamo il primo posto, e vogliamo vincerle tutte, da qui alla fine». Ne mancano 8. Vincerle tutte porterebbe il Crotone a pareggiare il record di punti della Juve: 94 sul campo (allo Scida, la Juve quell’anno bivaccò, 3-0, poi Crotone in C). Di Juve parlano i sognatori di piazza Pitagora, per lo più anziani che tirano fuori dalle tasche, ora, biglietti di antiche battaglie in Eccellenza, all’alba di una scalata che è stata lunga vent’anni, con tre picchi, le tre promozioni in B con Cuccureddu, Gasperini e Moriero, e il primo playoff, giocato nel 2014. Una salvezza stentata dodici mesi fa. L’arrivo di Ivan Juric e i giornali che a inizio anno hanno già pronto il coccodrillo, addio bel Crotone. Ha perso la prima, 4-0 a Cagliari. «Lì giocammo alla grande» aggiunge l’allenatore croato, che fu anche giocatore sotto Gasperini qui e al Genoa. Mercato a costo zero, anzi tre cessioni, Ciano, Dezi e Maiello. Monte ingaggi netto non superiore ai 3 milioni. Vuol dire, diviso 25, stipendi così così, ma puntuali. Allora Ursino, il ds, ha srotolato la sua formula, la stessa da vent’anni: giovani in prestito, ma con diritto di riscatto e occhio lungo. Di qui, negli anni, sono passati Florenzi, Bernardeschi, Pellè, ma anche Sansone, Cataldi, Mirante, Maietta, a metterli insieme si fa una squadra “da Europa League” immagina Raffaele Vrenna, il presidente. La sua è una storia tortuosa, controversa. Re dello smaltimento dei rifiuti in Calabria, ha visto il proprio nome accostato alla ‘Ndrangheta. Nel gennaio scorso il Tribunale di Crotone ha rigettato la richiesta di confisca di tutti i beni, compreso il club, avanzata dalla Dda di Catanzaro dopo le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, secondo i quali Vrenna avrebbe pagato una cosca per assicurarsi da attentati e danneggiamenti. «Noi vittime, non conniventi» fu la tesi dei Vrenna. La Procura di Catanzaro però ha fatto appello contro la sentenza. A inizio anno, il valore di mercato del Crotone era 7,3 milioni, 13° su 22 di B. Ora è 11,8, con un incremento del 60%. Ma chi, oltre a Ursino, l’aveva mai sentito, questo Budimir, il centravanti da 14 gol? «Mio figlio l’ha scovato nella B tedesca, nel St. Pauli, zero gol lo scorso anno». Da riscattare ci sarebbero Capezzi e Ricci, ma Fiorentina e Roma li rivorranno. Ferrari, il difensore, è vicino alla Juve. Adesso, il Crotone vale più di Carpi e Frosinone messe insieme. Ah, Carpi e Frosinone. La dimensione è quella. 60 mila i crotonesi, da 10mila lo stadio. Servirà una deroga, ma il sindaco Vallone dice «la A si gioca allo Scida». Vrenna vorrebbe portare la capienza a 16mila ed eliminare le barriere, sarebbe la prima volta in uno stadio del sud. La Curva è in fermento, un gran vociare fino a tardi nel covo ultrà di via Spiaggia delle Forche. Molte foto di antica gloria passata, di battaglie con il Catanzaro e la Reggina, le sole squadre calabresi a raggiungere la A. «Chi è povero, è più intelligente e dà tutto, ai giocatori ho chiesto questo, di dare tutto», ha la voce roca, Juric. De Giorgio («siamo una squadra normale che fa cose eccezionali») dal 2010 è qui. Ora gioca poco ed è lo stesso felice, in questa città eternamente nella parte bassissima di ogni graduatoria nazionale, tra criminalità, industrie di cui restano ciminiere spente, cassintegrati a grappoli, ragazzi che emigrano al nord e così svuotano questo povero, poverissimo sud del sud. La Stalingrado di Calabria sfornava zinco dallo stabilimento di Pertusola. Da bonificare, oltre quell’area, c’è anche un mare in cui svettano piattaforme petrolifere. C’è il referendum, la città vorrebbe rivedere un orizzonte. Tra un po’, però, rivedrà la Juve.