il Fatto Quotidiano, 8 aprile 2016
Presto gli studenti Usa saranno in bolletta
Quest’anno, ci informava a gennaio il ministero dell’Istruzione Usa, i debiti contratti dagli studenti americani per pagarsi l’università hanno sfondato i mille miliardi di dollari: 1.200 miliardi per la precisione, giusto un po’ meno di quanto è costata la guerra in Afghanistan. I debitori sono 22 milioni di americani che hanno finito (o lasciato) gli studi e ora sono contati nella “forza lavoro” (il che non significa avere un lavoro o che basti a pagare i conti): in media, devono 55 mila dollari a testa. La montagna, però, cresce, come tutte le cose in salute: era alta meno della metà nel 2007 e sale al ritmo del 17% l’anno.
Ieri, poi, il Wall Street Journal – citando dati ministeriali – ci ha fatto sapere che il 43% di chi ha ricevuto un prestito studentesco dal governo federale a gennaio non stava pagando le sue rate (pare sia una mezza buona notizia: nel 2015 erano il 46%). Il conto di questo “sottogruppo Obama” fa 200 miliardi (pubblici). Insomma, le banche private sono esposte per mille miliardi (and counting) con un pubblico il cui tasso di sofferenza è sopra il 40%. Il sistema regge ancora (sulla carta) perché una legge del 2005 rende assai difficile la “bancarotta” individuale: il debitore, insomma, resta ostaggio della banca.
Giusto ora, infine, qualcuno starà vendendo pacchetti di debiti studenteschi cartolarizzati sul mercato come si fece coi mutui subprime fino al 2007. È il mercato, bellezza. E ci sarà persino qualche studente americano a cui piace, convinto di essere il venditore e non quella cosa sul banco.