Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  aprile 08 Venerdì calendario

Siamo più vecchi, più ignoranti, ci sposiamo di meno e rubiamo di più. Eccoci, nella fotografia scattata dall’Istat

E uno potrebbe dire: ci si sposa sempre meno e si fanno meno figli e insomma è pieno di vecchi, ma già lo sapevamo, no? Ecco: non è che l’Istat dispensa luoghi comuni che peraltro sarebbero identici (i matrimoni, i figli, i vecchi) a quelli mediamente forniti ogni anno: l’Istat serve, queste realtà, a cercare anche di spiegarle. Poi ognuno prende i dati e può farne strame, anche se va detto che i titoli dei giornali online, ieri, erano più o meno tutti uguali. Qualcuno, magari, aggiungeva che il Pil pro-capite del Sud è la metà rispetto a quello del Nord, e che 2,3 milioni di giovani non studiano e non lavorano. Altri aggiungevano che calano omicidi e rapine, ma crescono i furti. Altri ancora, che restiamo ultimi per lettura dei giornali, altri che siamo un po’ più ambientalisti e salutisti, che il nostro agroalimentare è primo in Europa per qualità, che gli stranieri sono cresciuti e sono ormai 5 milioni: c’è qualcosa che non sapevamo? Sappiamo più o meno tutto, poi magari non capiamo niente. La verità è che l’Istat è uno dei pochi istituti seri e affidabili che ci restano, ci fornisce statistiche e dati nudi che precedono ogni manipolazione: perché resta inteso che i dati esistono per questo, per essere manipolati, piegati, stiracchiati o più banalmente omessi. Un tempo l’Istituto non andava oltre il Pil – indicatore che troppi ancor oggi sopravvalutano: per uno 0,1 siamo capaci di ucciderci – ma poi l’Istat è divenuto un vero ente di ricerca che ha cominciato a misurarci non solo dal reddito ma ripartendo ogni volta dalla vita reale e quotidiana degli italiani: quindi da salute, relazioni, socialità, disuguaglianze e paure. Ergo: una volta superata la fase delle solite balle social-demografiche, era chiaro che i dati dell’Istat sarebbero divenuti sentiero di guerra: ricordiamo una decina di anni fa, quando l’Istat fu accusata addirittura di diffondere dati irreali (contrapponendole l’Eurispes) perché non erano riscontrati da una vulgata che ci voleva in un declino da terzo mondo: a dispetto di una trasformazione mondiale – indubbia – che andava anzitutto letta e spiegata. Col tempo, insomma, i dati Istat hanno rischiato di divenire una plastilina politica come un’altra, e basti ricordare più di recente quando le politiche occupazionali del governo Renzi si scontrarono appunto coi dati Istat contrapposti ai dati più ottimisti forniti dal ministero del Lavoro.
MATRIMONI E FIGLI
Liquidiamo l’argomento perché in realtà non c’è niente di veramente nuovo. Meno matrimoni, meno figli e tanti anziani: 157 ogni 100 giovani. L’unica novità è che la speranza di vita alla nascita risulta arretrata per la prima volta negli ultimi 10 anni: ma è un decremento tra lo 0,2 e lo 0,3, vuol dire niente. Nel Mezzogiorno ci si sposa e si muore di più: dato interessante. A parte Irlanda e Malta, siamo il Paese in cui si divorzia di meno. Figli: una media di 1,37 per donna quando ne servirebbero 2,1 per garantire un ricambio generazionale.
ECONOMIA
Un accenno a soldi e lavoro, materia di cui Repubblica online, ieri, si è completamente dimenticata di parlare. Il Pil è il più basso degli ultimi 10 anni (25.256 euro a testa) e spacca il Paese in due: nel Nord Ovest è di 30.821 euro, nel meridione di 16.761 euro. Naturalmente i dati andrebbero suffragati con altri che spieghino anche le differenze di costo della vita. Lavoro: uomini più occupati delle donne (70,6% contro 50,6%) e questo per sei italiani su dieci dai 20 ai 64 anni. Grecia, Croazia e Spagna hanno tassi d’occupazione peggiori dei nostri. Solo loro. Un brutto trend che permane è quello dei giovani tra i 15 e i 29 anni che non fanno niente, cioè non studiano e non lavorano: sono oltre 2,3 milioni (25,7% del totale) e per giovani ormai si intendono quelli sino a 29 anni. Comunque, in generale, cresciamo poco: la produttività del lavoro italiana è aumentata solo dello 0,3%, molto meno della media europea. Per non litigare sul concetto di “povertà”, limitiamoci a dire che riguarda 4 milioni di persone, ma il segno è meno. Un terzo della popolazione è concentrata in Lombardia e Lazio e Campania, ma il meridione resta l’area più genericamente popolata del Paese. Su un tema leggero leggero – le tasse – vedremo che cosa dirà il governo, perché secondo l’Istat la pressione fiscale effettiva è addirittura al 43,5%. L’inflazione è bassissima (0,1) e spetterà agli economisti decidere se sia una cosa buona, probabilmente legata alla ripresa del potere d’acquisto (più 0,8) che buona lo è di sicuro: è il primo rialzo dal 2007, cioè da prima della crisi. La contraddizione è che un anno fa stavamo meglio: la capacità di spesa aveva uno 0,7% in più. Altri dati sono materia da pagine economiche.
SICUREZZA
Omicidi e rapine genericamente in calo, però si ruba di più e si denunciano meno i furti. Regione record per omicidi: Calabria. Per rapine: Campania. Dove di denuncia meno: al Sud. Per qualche ragione, in Umbria e in Toscana si uccidono più donne, ma nel complesso restano il 31,1% degli omicidi. È nella media Ue. La sicurezza comunque rimane tra i problemi più sentiti, anzi: il pericolo percepito è salito dal 30% al 41,1%. Sarà colpa dei giornalisti. Gli stranieri sono più di 5 milioni e cioè 1,9% in più rispetto all’anno precedente: fanno l’8,2% del totale degli italiani. Gli extracomunitari sono circa 4 milioni e sono cresciuti di 55mila rispetto al 2014.
IGNORANZA
Qui primeggiamo: nel senso che si stabilizza al 47% la percentuale di chi legge giornali (è poco, non fosse chiaro) e però aumenta quella di chi legge libri (ma sempre sotto il 50%). Al Sud si legge di meno. C’è un sacco di gente che sbircia i quotidiani online (spiegazione: sono gratis) e tra i giovani di 20-24 anni uno su due usa il web per questo: ma restiamo ultimi in Europa assieme all’Irlanda. Andiamo più al museo e al cinema (quasi il 50% della popolazione) ma al Sud di musei e monumenti non gliene frega niente (per usare il linguaggio Istat: «Il divario tra ripartizioni è molto rilevante») e però le famiglie italiane hanno destinato alle spese culturali meno dell’anno precedente.
STILI DI VITA E MORTE
Si fa più sport di prima, ma la cosa riguarda solo un terzo della popolazione che donne) e solo un terzo di questi lo fa in modo continuativo. Il divario tra Nord e il Sud è il solito. In generale ci sono meno sbevazzoni (15,5%) e meno fumatori (19,5%) e meno obesi (10,2%) coi nordici che bevono di più e i meridionali che sono più ciccioni. Spesa sanitaria pubblica attorno ai 2.400 dollari pro capite (oltre 3.000 in Francia e Germania). In Italia la mortalità per tumori e malattie del sistema circolatorio è inferiore alla media europea, e in particolare nel Mezzogiorno la mortalità per tumori è inferiore alla media nazionale. La mortalità infantile è tra le più basse d’Europa. Produciamo sempre meno rifiuti e a Bolzano fanno la miglior raccolta differenziata, in Sicilia la peggiore. Inquinamento: le famiglie del Nord-Ovest segnalano maggiormente mentre il problema mentre quelle del Mezzogiorno lamentano più di altre odori sgradevoli. L’Istat vi dà appuntamento all’anno prossimo.