Corriere della Sera, 8 aprile 2016
O.J. Simpson, l’uomo che è stato assolto dalla tv
Ci sono molti buoni motivi per seguire la serie Il caso O.J. Simpson: American Crime Story, prodotta da Ryan Murphy (anche questa ha la stessa struttura antologica dell’altra sua fortunata creatura, American Horror Story ) e scritta da Scott Alexander e Larry Karaszewski (Fox Crime, mercoledì, ore 21). Com’è noto Orenthal James (O.J.) Simpson era un 47enne ex campione di football, molto popolare, un modello di successo per tutti gli afroamericani. Nel giugno del 1994 fu accusato dell’omicidio dell’ex moglie Nicole Brown e del cameriere Ronald Lyle Goldman. Dopo il suo arresto (avvenuto in diretta tv) a tenere banco fu il processo a suo carico che si concluse nell’ottobre del 1995 con l’assoluzione dell’imputato.
Il processo è diventato una linea di confine perché, per la prima volta nella storia del diritto, la tv ha svolto un ruolo fondamentale. Si è discusso molto sul fatto che la difesa non si rivolgesse ai suoi interlocutori naturali, e cioè al giudice e alla giuria popolare, quanto piuttosto all’esterno. Tutti i discorsi della difesa erano perorazioni che in assenza delle telecamere non avrebbero avuto senso perché erano discorsi che avevano come punto di riferimento un referente esterno. Quando l’avvocato difensore sostiene con molta virulenza che i poliziotti erano corrotti, razzisti, violenti, la sua preoccupazione non è quella di dimostrare che O. J. non avesse commesso il delitto quanto quella di sostenere che coloro che avevano indagato su Simpson erano mascalzoni.
Nel cast il premio Oscar Cuba Gooding Jr interpreta O.J. Simpson e Sarah Paulson è Marcia Clark, la combattiva rappresentante dell’accusa. Con loro ci sono John Travolta che torna in tv dopo 40 anni ed è Robert Shapiro, avvocato e amico di Simpson, e David Schwimmer, il Ross di Friends, che interpreta un altro membro della difesa. Il racconto è molto sopra le righe, forse un po’ troppo.