Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  aprile 08 Venerdì calendario

Palmira e la pulizia etnica degli uomini di Assad

La comunità internazionale plaude la cacciata di Isis da Palmira. Un sentimento corroborato dalle prime informazioni, per cui pare che le distruzioni delle stupende rovine grecoromane catalogate come patrimonio dell’umanità dall’Unesco siano meno gravi di quanto temuto. Ma che accade ora alla sua popolazione? Non c’è il rischio che le truppe legate al regime di Bashar Assad compiano l’ennesima pulizia etnica?
Il dubbio è più che lecito. Sono gli stessi abitanti locali a lanciare l’allarme. «Praticamente nessuno dei 55.000 residenti sunniti di Palmira, Tadmor come la chiamiamo noi, può tornare alle sue case. La dittatura di Bashar ci accusa di essere tutti pro Isis. I giovani maschi vengono uccisi sul posto», ci dice per telefono Ayman al Jemaiel, un residente di Palmira la cui famiglia è ora scappata a Homs. A dare la caccia agli abitanti sunniti non sono solo i soldati del regime, ma soprattutto le milizie sciite dell’Hezbollah libanese. «Hezbollah detta legge. I suoi uomini hanno preso la città con la copertura dell’aviazione russa e adesso fanno da padroni. Tanti di noi sono diventati profughi in cammino verso la Giordania e Raqqa», aggiunge. Una denuncia confermata dai profughi di Palmira che di recente hanno raggiunto le milizie sunnite ribelli nelle zone di Aleppo e Idlib. E indirettamente confermata anche da Bryan Denton, un fotografo del New York Times che racconta di aver raggiunto la città scortato dai portavoce dell’Hezbollah sabato scorso. Nel suo articolo Denton descrive il problema delle cariche inesplose lasciate da Isis per rallentare l’avanzata nemica. Ma aggiunge anche che la città è deserta e che i nuovi «liberatori» non sono affatto certi che la popolazione potrà tornare alle sue case, «altrimenti Isis tornerà con loro». L’ennesima prova che il conflitto contro il Califfato nasconde in effetti una lacerante guerra civile regionale dai risvolti politici, religiosi e sociali.