la Repubblica, 8 aprile 2016
Lettera molto triste di un genitore di un alunno del Virgilio
Gentile dottore,
sono la madre di un’allieva del liceo Virgilio di Roma. L’atmosfera in questa scuola è pessima e infatti anche le cronache se ne sono occupate. Un allievo, maggiorenne, spacciava droghe durante la ricreazione, la cosa era nota. La preside ha chiamato i carabinieri che hanno prima posizionato le telecamere già esistenti per acquisire prove, poi un giorno sono entrati in borghese e hanno arrestato il ragazzo sul fatto. Apriti cielo! Ci sono stati episodi di violenza, alcuni giovani esaltati hanno preso a calci la porta della stanza dove la preside s’era chiusa urlandole improperi. La cosa grave è che quei ragazzi erano spalleggiati dai genitori, gente adulta voglio dire, persone responsabili non camorristi. Può anche darsi che la preside abbia sbagliato in qualche cosa, che far entrare la forza pubblica sia stato un errore ma un comportamento del genere non mi pare che sia giustificabile. Se l’anno scolastico non fosse così avanti io ritirerei mia figlia da un ambiente dove studiare non è facile e gli insegnanti sono chiaramente in difficoltà. Invece andremo avanti e cambieremo scuola l’anno prossimo, però me lo lasci dire: che tristezza.
Lettera firmata
È vero, la situazione del Virgilio è soprattutto triste. Un altro genitore, padre anche lui di una allieva, mi ha telefonato per dirmi cose diverse: la preside è apparsa non all’altezza del problema, ha ripetutamente rifiutato di “comunicare” con i genitori, lo spaccio c’è dappertutto, chiamare i carabinieri è stato un atto offensivo verso le istituzioni scolastiche. Il problema insomma andava risolto discutendo tutti insieme e non con la forza pubblica. Valutando a spanne, immagino che ci sarà del torto e della ragione da tutte le parti. Penso anch’io che chiamare la forza pubblica in una scuola sia un gesto grave. Sicuramente è ancora più grave costringere una preside a chiudersi a chiave nella sua stanza mentre dei robusti giovanotti prendono a calci la porta urlandole di tutto; qui siamo al codice penale. Tanto più se alle spalle di quei giovanotti ci sono dei genitori che li incitano. Sappiamo tutti che l’assemblea, il corteo, gli slogan ritmati, il sentimento dei diritti calpestati contro i quali si deve reagire fanno parte dell’età, tuttavia ci sono dei limiti che non dovrebbero essere superati. Visto che parliamo di un liceo classico “Est modus in rebus” come diceva il buon Orazio. Quel “modus” al Virgilio è stato superato, più ancora che dai ragazzi, dai genitori che non sono intervenuti loro per primi a chiedere che si ponesse fine allo spaccio. Nell’interesse di tutti sarebbe bene che adesso una qualche autorità terza rimettesse insieme le parti, chiarisse i malintesi, placasse gli animi perché a scuola ci si va per studiare non per “fumare” né per fare cortei. Mi ha molto consolato leggere mercoledì su Repubblica un servizio da Londra del nostro Enrico Franceschini. Secondo una classifica del Times, tra le università del mondo con meno di 50 anni di vita, figurano, tra i primi 150, sei italiane. La scuola superiore sant’Anna di Pisa è addirittura tra i primi dieci. Vengono poi Milano-Bicocca; Verona; Roma tre; Roma-Tor Vergata; Brescia. Sollievo.