la Repubblica, 8 aprile 2016
Vespa voleva solo dare una mano a un piccolo libro indipendente che altrimenti nessuno avrebbe letto
La vera domanda è: ma chi leggerà mai il libro del figlio di Totò Riina? A quale pubblico si rivolge questo giovane autore? Non essendo forti lettori i picciotti, e considerato il numero limitato dei criminologi interessati all’opera per ragioni di studio, come sfondare su un mercato librario per giunta non in eccellente salute? E già gremitissimo anzi saturo di noir, gialli e thriller che del crimine fanno un’epopea appassionante, uno spettacolo stordente, lasciando ben poco spazio all’introspezione e alla riflessione familiare? Se nella stessa Corleone oramai detta legge il politicamente corretto, chi sarà mai in grado di cogliere il taglio anticonformista di questo libro-confessione, pardon, libro-ritrattazione, che in poche vigorose pennellate disfa i pregiudizi dei professionisti dell’antimafia? Sono queste, non altre, le domande e gli scrupoli che hanno spinto Bruno Vespa a invitare a Raiuno Giuseppe Salvatore Riina. La sua intenzione era mettere in atto un esemplare gesto d’appoggio alla piccola editoria indipendente, esclusa dai grandi giri promozionali, negletta nella sua meritoria extravaganza. Se le piccole e sconosciute Edizioni Anordest (Vicenza), schiacciate dal processo di concentrazione editoriale in atto, hanno ottenuto la ribalta della televisione pubblica, è stato solo per un gesto di protesta civile dello stesso Vespa. Basta con le polemiche.