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 2016  aprile 08 Venerdì calendario

E l’Antimafia processa la Rai per Riina jr ospite a Porta a Porta

Monica Maggioni parla di «insopportabile intervista a un mafioso». Antonio Campo Dall’Orto assicura: da settembre i processi decisionali saranno tali che queste cose si sapranno e gestiranno prima, con la supervisione del direttore editoriale Carlo Verdelli.
Il processo a Porta a Porta, il giorno dopo l’intervista al figlio di Totò Riina, avviene al secondo piano di palazzo San Macuto, a Roma. Nell’aula della commissione antimafia. Il direttore generale della Rai Antonio Campo Dall’Orto e la presidente Monica Maggioni sono stati convocati per spiegare come sia stato possibile che la trasmissione andasse in onda nonostante lo sdegno dei parenti delle vittime, del presidente del Senato Piero Grasso, di gran parte della politica. E il dispiacere del capo dello Stato. La presidente Rosy Bindi ripete il suo giudizio: è stato un momento di «negazionismo» della mafia. Chiede se ci sia stato un compenso, perché Salvo Riina abbia firmato la liberatoria solo dopo aver rivisto l’intervista, come sia stato possibile «che il servizio pubblico abbia lasciato che a dirigere il gioco fosse un condannato che ha difeso suo padre e lanciato evidenti segnali».
Monica Maggioni ricorda l’impegno della Rai nella lotta alla mafia (le trasmissioni, le fiction). Definisce le parole di Salvo Riina «insopportabili. Non rinnega la storia del padre. Sono quelle di un mafioso». Ammette: «Nella nostra programmazione la vittima e l’aguzzino non devono avere la stessa dignità di racconto» e rivela: «ci siamo posti il problema di un intervento a priori che avrebbe avuto le caratteristiche della censura. È difficile accettare e applicare la censura a qualcuno che ha una lunga storia professionale, ma poteva avere un senso». È qui che prende chiaramente le distanze da una scelta che – come conferma pochi minuti dopo il direttore generale – è stata presa dal responsabile dell’informazione Carlo Verdelli: «Ha considerato l’intervista difendibile dal punto di vista giornalistico – dice Campo Dall’Orto – perché poteva aumentare il confronto rispetto al racconto della mafia».
Gli interventi sono duri. Claudio Fava, deputato di Sinistra italiana, figlio di quel Pippo Fava che fondò il giornale antimafia “I siciliani” e fu assassinato nell’84 a Catania, spiega che quell’intervista si poteva fare, ma in modo completamente diverso: «Costringendo il cerimonioso rampollo a parlare degli ammazzati collezionati dal padre, dell’odore del napalm che attraversava quegli anni palermitani, dei soldi accumulati dal suo genitore, del potere esercitato, delle obbedienze ricevute». Lucrezia Ricchiuti, senatrice pd, arriva a definire Vespa «un portavoce della mafia». «Da presidente di quest’azienda non posso accettarlo – sbotta Monica Maggioni – proprio perché penso che le parole abbiano un valore. Siamo accorsi qui, ma a tutto c’è un limite».
Bruno Vespa viene quindi formalmente difeso. L’intenzione dei vertici – però – sarebbe quella di «ridimensionarlo»: la proroga del contratto lo blinda fino a giugno 2017, ma è molto difficile che si continuino ad affidare a lui eventi straordinari e speciali in prima serata. La vicenda lascia un segno profondo. Il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti ha disertato la puntata di approfondimento proposta ieri: «Ho declinato l’invito, non intendo partecipare a una trasmissione riparatoria per legittimare l’intervento del figlio di Totò Riina», dice a Repubblica. Nella ricostruzione del giorno dopo emergono anche le responsabilità del giovane direttore di Raiuno Andrea Fabiano. È stato lui il primo a vedere e autorizzare il programma. Soprattutto, non avrebbe avvertito per tempo Carlo Verdelli e i vertici, non capendo quanto questa vicenda potesse essere deflagrante. Campo Dall’Orto – in audizione – dice: «Non c’è stato nessun pagamento, ci mancherebbe». E pur ammettendo che la liberatoria è stata firmata dopo, parla di «domande libere», non concordate. «Non ho voluto guardare lo share – racconta – dico da quando sono arrivato che non può essere il nostro obiettivo». Ora però è chiamato a fare in fretta i cambiamenti promessi. A viale Mazzini si scommette sul fatto che le nuove direzioni dei tg arriveranno insieme ai nuovi palinsesti: a giugno, massimo luglio.