La Gazzetta dello Sport, 7 aprile 2016
Il contadino Meggiorini
L’attaccante che sussurrava ai cavalli viene sempre qui dopo la partita o l’allenamento, fa un giro tra asini, pony e galline, controlla che il trattore sia in ordine. Se serve dà una mano, specialmente in giugno, a campionato finito e trebbiatura cominciata. Riccardo Meggiorini ha il suo buen retiro nell’azienda di famiglia: 25 ettari di terreno, una produzione di 700 quintali di frumento e mais, oltre a un assaggio di vino e un po’ di frutta. Tarmassia, frazione di Isola della Scala, provincia di Verona. Meggiorini si considera un figlio riconoscente della terra dove è nato e ha cominciato a giocare a 8 anni nel campetto parrocchiale, che si intravede dalla cascina. Il Chievo, sorpresa della stagione, è un po’ come i limoni, le mele, i kiwi. Ormai fa parte dell’azienda di famiglia. Dai campi al campo (e viceversa), Meggiorini racconta così le sue vite parallele.
Lavorano in due: il papà Sergio e lo zio Luigi, a volte si fanno vedere i fratelli, Alberto e, più raramente, Giordano che ha un’azienda vinicola nel paese vicino. L’impegno è duro, specialmente in tempi di crisi. All’attaccante piace anche fare il sindacalista: «Non si può andare avanti così, il latte costa troppo, non regge la concorrenza con quello che arriva dall’estero e che è di qualità molto più bassa. Abbiamo dovuto vendere tutte le mucche, una cinquantina: non rendevano più. I terreni vengono abbandonati continuamente, come quello là in fondo. Un peccato». Meggiorini è stato anche testimonial dell’iniziativa della Coldiretti: l’«agribag», la borsa con i prodotti della zona distribuito prima della partita ai tifosi del Chievo per sensibilizzarli sull’importanza del cibo sano. Ma l’arte del lamento non gli appartiene: «Quando vengo qui, stacco da tutto: telefonino, Facebook, polemiche. Mi rilasso, è un’altra dimensione». È anche il suo futuro quando smetterà di giocare? «Non so se diventerà un lavoro, sicuramente non taglierò le radici con questa terra». Oggi contadino part time, domani chissà. Anche se, da piccolo, Meggiorini voleva fare il pompiere, non spezzarsi la schiena sulla terra. È successo quando aveva 5 anni, un incendio che ha distrutto il fienile e parte della casa. Danni limitati dall’intervento di quegli eroi in divisa che l’avevano affascinato.
Un po’ dovunque ci sono tracce della doppia vita. In casa: foto della sforbiciata in Chievo-Torino («Ma purtroppo non ho segnato») e ritagli della promozione in B del Cittadella, la squadra che l’ha lanciato. Vicino alle stalle: poster gigante con Del Piero. Non molti gol in Serie A (sempre lontano dalla doppia cifra: è a quota 5, uguagliato il record personale di Bari), ma a lui importa soprattutto inventare per gli altri: è successo 7 volte in questo campionato, l’ultima domenica col Palermo. Un assist ben fatto, come il colpo di tacco per Paloschi contro la Lazio, può darti la stessa soddisfazione di una zucchina o una carota che hai visto crescere poco per volta. La carriera di Meggiorini è tranquilla e lineare come può essere la vita in campagna: l’Inter del primo Mancini (toccata e fuga: una sola presenza, quella del debutto), poi tanta A di medio livello: Bari, Bologna, Novara, Torino. Mai un picco, mai una dolorosa caduta. «Al Chievo sto benissimo», e dicendolo conferma quello che ormai da anni si sa della squadra di quartiere: non più favola, ma realtà consolidata del calcio italiano. Un presidente che «parla poco, ma sa usare le parole giuste». Un allenatore che «mi fa giocare come preferisco, con tanta libertà di movimento». Quanto è lontano il Palermo multi-tecnico appena battuto? «Dev’essere un caos totale». Quanto sono lontani Campedelli e Zamparini? «Due mondi opposti». Sabato arriva il Carpi, e non potete fare sconti: «Gioca in modo diverso dal Palermo, in velocità, con rabbia. Sarà difficile». Chievo salvo in scioltezza, Hellas ultimo: «Per carattere non godo delle disgrazie altrui, magari se saremo l’unica squadra di Verona potremo avere qualche tifoso in più».
Celebrerà la salvezza con un’altra fatica in bici (l’anno scorso lo Stelvio, stavolta il giro del Garda), magari dopo aver allungato il contratto in scadenza nel 2017. A 30 anni, lo esalta l’idea di chiudere la carriera vicino a casa, l’esperienza all’estero non la considera una priorità: non seguirebbe le tracce di Paloschi, ex partner d’attacco. E dove lo trova il campetto parrocchiale per allenarsi da solo in estate? E i pony di Tarmassia non sono più belli di quelli inglesi?