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 2016  aprile 07 Giovedì calendario

Il guaio con il debito della Grecia, di nuovo

Da alcuni mesi il problema-Grecia per quanto riguarda la situazione debitoria e i piani di risanamento e di rilancio era stato quasi dimenticato. Ma poiché si avvicina la scadenza, a luglio, di una tranche del prestito ottenuto – il che comporta la preparazione necessaria sin dalle prossime settimane – e progettandosi un terzo piano di salvataggio, il Fmi è tornato a battere il tasto della necessità della ristrutturazione del debito ellenico.
Prima, però, sono emerse intercettazioni in cui il rappresentante del Fondo per l’Europa sosteneva la necessità di arrivare a un passo dal default per costringere, in una situazione di estrema emergenza, il governo di Alexis Tsipras ad accettare le condizioni che finora non sarebbero state adeguatamente assolte in tema di riforme, a cominciare da quella previdenziale. Una tesi del genere meriterebbe una sanzione pubblica da parte della direzione del Fondo. Meno irresponsabilmente il direttore generale del Fondo, Christine Lagarde, ha tuttavia lasciato intendere, anche intervenendo i un convegno in Germania, che il Fmi potrebbe non prendere parte al piano di salvataggio se non vi dovesse essere la ristrutturazione del debito ellenico, cui però Angela Merkel è fermamente contraria. La via riproposta da Lagarde non è campata in aria. In un’Unione e in una Eurozona che funzionassero diversamente, la mutualizzazione del debito potrebbe essere una soluzione anche per il caso Grecia, così come potrebbero esserlo altre forme di revisione dello stesso debito, totale o parziale. Ma Lagarde non è nuova a tali minacce, avendovi fatto ricorso già quando si discusse del secondo salvataggio; poi, comunque, non è arrivata alle estreme conseguenze aderendo al piano in discussione. Ovviamente, accanto a una valutazione di non sostenibilità del debito senza un taglio o una ristrutturazione, vi è l’interesse del Fondo. Occorre, allora, evitare che si debba assistere a un film già visto, con il Fondo che chiede la ristrutturazione, l’Europa che, magari sbagliando, si oppone e così si arriva a ridosso della scadenza della tranche del debito e della preparazione del piano di salvataggio, navigando a vista, senza un programma adeguato. Altra cosa è operare per concordare successivi avanzamenti nelle riforme greche, senza pensare a inasprimenti che abbattano le già precarie condizioni di vita di milioni di greci. Un riscadenzamento di una parte del debito potrebbe essere una soluzione ragionevole. Ma, parallelamente, bisognerebbe riflettere sulle ragioni dei risultati inadeguati della terapia adottata per anni, cosa che può essere attribuita al fatto che la cura non è stata seguita come si sarebbe dovuto, ma anche al fatto che la terapia sia sbagliata o muova da una diagnosi sbagliata. Sarebbe ora che su questi aspetti ci si soffermi, considerata l’esperienza sinora fatta. In ogni caso, da evitare che torni a prendere piede Grexit, che questa volta si affiancherebbe all’ipotesi Brexit in vista del referendum del 23 giugno, creando una miscela esplosiva per l’Unione e la sua stessa integrità. E ciò mentre fra due mesi non è pensabile che siano già risolti i problemi della deflazione, della crescita, del rapporto del cambio dell’euro con il dollaro, dei rischi geopolitici e della sicurezza, della questione delle migrazioni. Si intervenga, dunque, per tempo e si evitino forme di aut aut.