la Repubblica, 7 aprile 2016
L’intervista di Vespa al figlio di Riina alla fine è andata in onda. E ha scatenato una bufera
Una puntata di Porta a Porta dedicata al libro in cui Salvo Riina, il figlio di Totò Riina, racconta di un padre «premuroso e amorevole» che guarda con lui le stragi di Capaci e via D’Amelio in tv. La protesta del deputato pd Michele Anzaldi, che con un’intervista a Repubblica.it chiede un intervento dei vertici Rai. Poi quella della presidente della commissione Antimafia Rosy Bindi: fermino la trasmissione «o Porta a Porta si confermerà il salotto del negazionismo della mafia e chiederò di convocare il presidente e il direttore generale». Cosa che avviene, a fine serata, perché l’intervista va in onda. Dura 15 minuti. Salvo Riina ripete quel che ha scritto: «Non so cosa sia la mafia. Amo mio padre. Non sta a me giudicarlo». «Ci avevano detto che dopo i Casamonica non sarebbe più accaduto – protesta Bindi – sono stati sleali». Nel frattempo, a viale Mazzini, si consuma una delle giornate più convulse della gestione Campo Dall’Orto.
Le reazioni politiche sono pressoché unanimi. Il centrosinistra attacca la decisione di Bruno Vespa. Lo stesso fanno il Movimento 5 Stelle e parte del centrodestra. Il presidente della commissione di Vigilanza Roberto Fico prima chiede spiegazioni, poi convoca il direttore di Raiuno Andrea Fabiano. I parenti delle vittime reagiscono: «Sono assalito da un senso di nausea», dice Salvatore Borsellino. È «un’offesa per tutti, un fatto indegno», per Maria Falcone. E il presidente del Senato Piero Grasso: «Non mi interessa se le mani di Riina accarezzavano i figli, sono le stesse macchiate di sangue innocente. Non guarderò la trasmissione». Che Pier Luigi Bersani, previsto come ospite subito dopo, decide di disertare.
E mentre il Quirinale fa filtrare un profondo dispiacere, Tina Montinaro, vedova di Antonio, il caposcorta di Giovanni Falcone ucciso a Capaci quel 23 maggio del 1992, attacca: «Mi indigna che Vespa abbia potuto dare una ribalta al figlio di Riina e mi sorpende il silenzio del capo dello Stato, familiare di una vittima di mafia come noi». Perché «Riina junior – che è stato condannato a sua volta per associazione mafiosa – non prende le distanze da suo padre. I miei figli invece sono rimasti senza il papà mentre il suo brindava con gli amici».
A prendere la decisione di andare avanti con la puntata – che era stata registrata in precedenza e che prevedeva, dopo l’intervista, un talk in studio con il figlio dell’agente di scorta Vito Schifani e l’esponente di un’associazione antiracket – è il direttore generale della Rai Carlo Verdelli. Che visiona tutto e valuta che le parole di Riina junior siano giornalisticamente rilevanti. E che Vespa gli abbia fatto tutte le domande che andavano fatte. «È l’intervista a un mafioso – spiega al piccolo comitato di crisi che si è formato a viale Mazzini – sembra Al Pacino giovane nel Padrino. Ma è un pezzo di verità che va raccontata, pur con le chiavi interpretative giuste». Quindi va bene il talk dopo, ma ce ne sarà un altro, già stasera, con il presidente dell’Authority Anticorruzione Raffaele Cantone, il procuratore Antimafia Franco Roberti, il ministro dell’Interno Angelino Alfano. E c’è – la chiede lo stesso Verdelli – un’introduzione in cui Vespa dice: «Per conoscere meglio la mafia c’è bisogno d’interviste come questa. Un ritratto sconcertante, ma per combattere la mafia bisogna conoscerla». È la versione avallata nel tardo pomeriggio da un comunicato della Rai. Contestato con ancora più veemenza dal segretario della Vigilanza Michele Anzaldi: «Non si può parlare di “versioni della mafia”, proporrò un’inchiesta interna per sapere chi ha scritto quelle parole».
Quel che trapela, è che Campo Dall’Orto si sia infuriato per il ritardo con cui i vertici sono a venuti a conoscenza della vicenda. Nella riunione tenuta a metà giornata ci si sarebbe ripromessi di “coprire” Vespa, ma di comunicargli – in privato – tutta l’irritazione per scelte che vanno contro la linea editoriale della nuova Rai. Il contratto del conduttore, però, prorogato da poco fino a giugno 2017, lo blinda con almeno 100 puntate di Porta a Porta (o di un programma equivalente). E anche se un direttore di lungo corso in Rai dice profetico: «Queste cose si sommano, Vespa ha perso il polso del Paese e sul prossimo contratto rischia di grosso», il 2017 è lontano. E stamattina, per prima cosa, tutti andranno a guardare le tabelle dello share.