Corriere della Sera, 7 aprile 2016
Un libro raccoglie piccole e grandi storie custodite negli archivi di Intesa Sanpaolo
I diari personali, le cartoline, le foto di famiglia. Se c’è qualcosa che rende viva la guida ai patrimoni dell’Archivio storico di Intesa Sanpaolo sono le microstorie nascoste nelle grandi vicende bancarie italiane. Nelle Memorie di valore, in uscita oggi per Hoepli, c’è anche questo: il racconto di uomini (e donne) animati da passioni culturali e civili, noti protagonisti della finanza laica e cattolica e semplici impiegati. Ce lo dicono carteggi e documenti, molti di loro contribuirono alla nascita della democrazia. Fu un luogo di resistenza milanese la Comit, la più laica e internazionale delle banche, a lungo guidata da Raffaele Mattioli, cui si deve, tra le altre cose, il salvataggio dei Quaderni dal carcere di Antonio Gramsci.
Si augura la professoressa Francesca Pino – responsabile dell’Archivio e coautrice con Alessandro Mignone del volume realizzato a coronamento di oltre trent’anni di lavoro – che «il lettore sia contaminato dalla curiosità intellettuale esercitata ogni giorno per arrivare fin qui. Più che una ricostruzione del passato, ci auguriamo che questo lavoro diventi uno strumento di lettura del presente e di indagine per il futuro».
Mai come in queste settimane, per comprendere gli intrecci bancari avremmo bisogno di una bussola. «E le Memorie che sono anche la storia italiana, i suoi territori, le sue imprese, sono così vive che ci riportano alle questioni dell’oggi. Anche se non dobbiamo dimenticare che abbiamo vissuto giorni più foschi di questi», osserva Giovanni Bazoli, il padre fondatore di Intesa Sanpaolo e protagonista del salvataggio del Banco Ambrosiano, intervenuto ieri alla presentazione milanese del libro. Ai nerissimi giorni dell’82 che culminarono con il ritrovamento del corpo di Roberto Calvi, impiccato sotto il ponte dei Frati Neri a Londra, accenna anche il presidente degli Archivisti italiani per sottolineare come gli autori siano riusciti nell’intento di realizzare un’opera divulgativa e multimediale (importante il materiale iconografico) restituendo intatte le molte complessità del Novecento.
«Un libro di bordo e un invito a percorrere strade poco battute della ricerca» è la definizione delle Memorie offerta dallo storico Luciano Segreto. Che paragona il lavoro di Francesca Pino a quello dei grandi maestri rinascimentali, indicando «nuovi incipit storiografici e direzioni di marcia inedite». Le carte di Otto Joel, di Giuseppe Toeplitz, di un giovane Enrico Cuccia, di Giordano Dell’Amore e dello stesso Mattioli, ma anche «tutti quei minuti pezzetti di vita umana e professionale che emergono attraverso diari, lettere, fotografie, di funzionari e collaboratori: tutto serve non solo a farci comprendere la storia del nostro Paese. Che, per esempio, senza la Comit e senza quegli uomini, non sarebbe stata la stessa».
La «guida», 352 pagine, sintetizza – come spiega Bazoli – il materiale contenuto in 12 mila faldoni, oltre 7 mila registri, 44 mila foto, quasi tremila oggetti museali. Tocca alla storica dell’arte, Giovanna Ginex, ripercorrere il ricco indice di fotografi e disegnatori che raccontarono la vita delle banche. Alle mappe sulle quattro banche seguono i medaglioni biografici dei padri fondatori e un’ampia sezione tematica. Qui trovano profondità tematiche come il fascismo e la liberazione, la ricostruzione, il valore delle carte contabili, gli uffici studi, il rapporto banca-industria. In Piazza Scala, Mattioli, uno con la civetteria di dirsi «ebreo onorario», provò a resistere alle leggi razziali ma non riuscì a evitare il licenziamento di un altissimo numero di impiegati.
L’Imi (che finanziava Palmiro Togliatti) incoraggiò, anche grazie alle necessità autarchiche, la ricerca tecnologica con la concessione nel 1940 di un mutuo alla Società anonima radio telefoni automatici Mastini che realizzò il primo radiotelefono mobile. Ed è sempre l’Imi, ricorda il moderatore Roberto Napoletano, direttore de Il Sole 24 Ore, l’istituto che destinava alle imprese del Sud il 50 per cento dei suoi prestiti.
Se il giudizio storico su errori e meriti resta sospeso, non va trascurata la tensione di uomini come Giovanni Malagodi che ripetutamente raccomandava ai direttori di filiale «la responsabilità» nei confronti dei risparmiatori e dell’economia del territorio. Parole, conclude Carassi, che andrebbero scolpite nella pietra.