Corriere della Sera, 7 aprile 2016
In nome della privacy WhatsApp cripta tutti i messaggi
Non tutti hanno un iPhone. In pochi hanno seguito con attenzione il braccio di ferro fra Apple e Fbi, che più che essersi concluso si è preso una pausa con i gomiti ancora ben piantanti sul tavolo, o lo scandalo del Datagate. Ma praticamente la totalità di chi usa uno smartphone si affida a WhatsApp, o quantomeno sa di cosa si tratta. E l’applicazione da più di un miliardo di iscritti ha annunciato di aver completato il processo che porta al criptaggio totale degli scambi scaraventando il dibattito sugli schermi di tutti.
Di cosa si tratta? Aggiornando WhatsApp all’ultima versione, saremo in grado di mandare messaggi e fare chiamate «visibili in chiaro» – con il contenuto esplicito, quindi – solo al ricevente. Nessuno, fatta eccezione per il mittente e il destinatario, potrà intervenire. Siano hacker, governi o gli stessi dipendenti dell’azienda. Ciò accade grazie alla crittografia end-to-end (da punto a punto) che, come spiega l’esperto di cybersecurity Andrea Zapparoli Manzoni, «esclude il server centrale del programma utilizzato. In situazioni normali, ad esempio su Skype, nella sessione fra me il mio interlocutore è la piattaforma a dare la chiave di cifratura e a essere in grado di “leggere” quanto digitiamo». Se, invece, con «la stessa logica del peer-to-peer», ci si autentica reciprocamente, con delle chiavi non accessibili a terze parti, non c’è malintenzionato o autorità che tenga. Con questa promessa Telegram ha raggiunto i 100 milioni di utenti, rendendo necessario l’aggiornamento della più nota rivale WhatsApp in un momento storico in cui la mole di informazioni personali che condividiamo è tale da renderci un po’ più consapevoli e timorosi dei rischi. Questa è la faccia sorridente e utile della medaglia della crittografia end-to-end. Quella preoccupata e perplessa è delle autorità, che in assenza dell’auspicata «backdoor» (porta d’accesso sempre aperta di cui Silicon Valley e difensori della privacy non vogliono sentir parlare) a beneficio delle indagini devono affidarsi ad altri escamotage. Perché il protocollo appena adottato dall’app verde protegge i dati nel transito e non quando risiedono sul dispositivo. «Saliranno le quotazioni delle società che sferrano attacchi per decriptare i contenuti per conto dei governi (la discussa Hacking Team è un esempio, ndr)», spiega l’esperto.
Da parte nostra, per evitare brutti scherzi dobbiamo comunque stare attenti a non aprire link o scaricare contenuti non verificati dall’interno delle chat.