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 2016  aprile 07 Giovedì calendario

Scontri a Napoli per l’arrivo di Renzi • Oggi la Guidi sarà sentita dai pm • La delegazione di magistrati e investigatori egiziani che si occupano della morte di Giulio Regeni è atterrata a Roma • Bruno Vespa porta il figlio di Riina in tv • Anzola dell’Emilia, il paese chiuso di notte per combattere la prostituzione

Renzi A Napoli è degenerata in scontri la manifestazione organizzata da comitati, centri sociali, disoccupati organizzati e studenti contro il presidente del Consiglio Matteo Renzi, arrivato nel capoluogo Campano per presentare il piano di riqualificazione dell’ex area industriale di Bagnoli. I manifestanti hanno bersagliato carabinieri e polizia con pietre, fumogeni e pesanti bombe carta. Le forze dell’ordine hanno risposto con un fitto lancio di lacrimogeni. Una decina i feriti, tra agenti e manifestanti. Più tardi Renzi ha illustrato in prefettura il piano di risanamento dell’ex area Italsider di Bagnoli, snocciolando le cifre: 116 ettari da bonificare, 272 milioni di euro da spendere. Ha ironizzato sulle tensioni («Se questo è il comitato di accoglienza vuol dire che tornerò una volta al mese»), e ha assicurato che le opere in programma (parchi, porto turistico e molto altro) non subiranno infiltrazioni perché «sapremo tenere lontana la camorra». Il sindaco Luigi de Magistris, in polemica con Renzi per la scelta del premier di mettere un commissario (Salvo Nastasi) a capo dell’operazione Bagnoli, si teneva alla larga dalla prefettura (Bufi, Cds)

Guidi Oggi Federica Guidi parlerà davanti ai magistrati di Potenza che indagano il suo «ex», Gianluca Gemelli, e il suo «clan». Ieri l’ex ministro dello Sviluppo economico ha fatto sapere di essere «serena». E di prepararsi «nei dettagli» all’interrogatorio in cui verrà ascoltata come persona informata sui fatti. Guidi sarà alle 10 in procura. Come ex convivente di Gemelli può avvalersi della facoltà di non rispondere. Ma ieri ha fatto sapere di aver «ricostruito due anni di lavoro» al ministero dello Sviluppo. Di aver «riletto anche molte note ministeriali» e di aver «preparato alcuni appunti specifici legati all’emendamento» sulle attività petrolifere. Quello «sblocca-Tempa Rossa» oggetto delle telefonate con Gemelli al quale riferiva tempi e anticipava il buon esito («Maria Elena è d’accordo»). E lui incassava il risultato e lo metteva a frutto per ottenere in cambio appalti. Però non potrà negare quelle pressioni e dovrà spiegare perché le avallò (Piccolillo, Cds).

Regeni La delegazione di magistrati e investigatori egiziani che si occupano della morte di Giulio Regeni è atterrata ieri sera all’aeroporto di Fiumicino. L’appuntamento con i colleghi italiani è fissato per oggi alle 10, lontano dagli uffici della Procura. Gli inquirenti italiani sono convinti di poter misurare rapidamente l’indice di produttività dell’incontro, a seconda di ciò che la delegazione del Cairo porterà con sé. Nei giorni scorsi si è parlato di un dossier di duemila pagine (che peraltro andrebbe tradotto per capirne davvero il senso), ma già comprendere su quali aspetti del caso s’è concentrata l’attenzione degli egiziani servirà a sondare la loro disponibilità a individuare e perseguire i responsabili della morte del giovane ricercatore italiano trovato morto due mesi fa alla periferia del Cairo. A prescindere da quanto fatto trapelare finora dai mass media locali. La stampa ritenuta vicina al governo ha suggerito da ultimo che la decisione del presidente Al Sisi fosse quella di sacrificare la testa del generale Khaled Shalabi, responsabile della sicurezza dalla reputazione già incrinata per via di un precedente straordinariamente simile alla vicenda Regeni. Shalabi sarebbe stato infatti condannato, nel 2003, per aver utilizzato gli stessi metodi durante il regime di Mubarak. Il generale era risultato responsabile della morte di un oppositore del governo e della manipolazione dei verbali acquisiti durante le indagini. Ma anche se così fosse, se ci trovassimo di fronte a un nuovo ipotetico abuso dei metodi di Shalabi, sarebbe solo un modesto primo passo. Poi bisognerebbe proseguire con la raccolta delle prove a suo carico e l’eventuale arresto, proprio da parte degli egiziani. Ma nella giornata di ieri questa stessa pista è stata almeno in parte bruciata. Almeno nella parte derivante da una lettera anonima giunta anche ai magistrati italiani. Una persona teoricamente attendibile millantava informazioni privilegiate su dettagli delle sevizie tenuti riservati, finendo per accusare proprio Shalabi, ma la Procura di Roma ha smentito: «Quei dettagli sono fasulli» e gli inquirenti «non gli attribuiscono alcuna rilevanza giudiziaria» (Sacchettoni, Cds).

Riina Ieri a Porta a Porta ha parlato, in contributo registrato, Salvo Riina, figlio del boss Totò, condannato a sua volta a 8 anni per associazione mafiosa, ora in libertà vigilata a Padova, autore dell’autobiografia «A family life». Giacca grigia, camicia bianca aperta, Riina jr ha mantenuto la stessa espressione marmorizzata quando ha raccontato che «la nostra infanzia è stata serena, solo a cinque anni ho capito che papà faceva una vita particolare», quando ha detto che «Falcone e Borsellino non li giudico, ogni cosa sarebbe strumentalizzata, ho rispetto per i morti» e infine «che solo in Italia i pentiti non fanno un giorno di carcere». E ancora: «Cos’è la mafia? Non me lo sono mai chiesto, non ho una risposta precisa, la mafia è tutto e niente, non sta a me dirlo. Cos’è lo Stato? Per me è l’entità in cui vivo e che rispetto, anche se a volte non condivido leggi e sentenze. Se è stato giusto arrestare Totò Riina? Non per me, perché mi hanno tolto mio padre e io seguo solo il quarto comandamento, onoro e amo lui, mia madre e la mia famiglia». Bruno Vespa, sollecitato dai vertici di viale Mazzini che comunque avevano dato il via libera — ma oggi alle 16 l’ad Antonio Campo Dall’Orto e il presidente Monica Maggioni sono stati convocati d’urgenza dalla Commissione Antimafia («Vespa fa negazionismo» accusa il presidente Rosy Bindi) — ha aggiunto una introduzione alla puntata: «Trasmetteremo l’intervista a un mafioso. Un ritratto sconcertante, ma per combattere la mafia bisogna conoscerla». Dopo di che, nonostante le proteste di gran parte del Parlamento (Pierluigi Bersani ha disdetto l’invito), lo sdegno del presidente del Senato Pietro Grasso («Le mani di Riina che accarezzavano i figli sono le stesse macchiate di sangue innocente») e dei parenti delle vittime («La sua presenza sul servizio pubblico è un’offesa per tutti, ci sarebbe davvero motivo di non pagare il canone», dice Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso) e il richiamo della commissione di Vigilanza che ha convocato il direttore di Raiuno Andrea Fabiano, a Porta a Porta è andato in onda il colloquio con Salvo Riina. «Ho preso io la decisione di mandarlo in onda», spiega Carlo Verdelli, responsabile editoriale per l’informazione. Dopo l’intervista c’è stato un lungo dibattito. E stasera ci sarà una puntata sulla lotta alla criminalità con il ministro dell’Interno Alfano e il presidente dell’Anticorruzione Cantone. Critiche Fnsi e Usigrai: «Non può esistere par condicio tra mafia e antimafia». Un bilanciamento che in molti trovano inadeguato. «Che il figlio di un boss sanguinario possa offrire il suo “punto di vista” sulla rete ammiraglia del servizio pubblico appare un abominio», tuona Michele Anzaldi del Pd. Roberto Fico, presidente della Vigilanza, propone «un atto di indirizzo sugli ospiti di trasmissioni come Porta a Porta». Difendono Vespa i centristi di Ncd e Ap e Forza Italia ricordando quando Santoro intervistava Ciancimino jr «e la sinistra non protestava» (Cavalli, Cds).

 Anzola dell’Emilia Giampiero Veronesi, 40 anni, sindaco Pd di Anzola dell’Emilia, per allontanare le «lucciole» dal suo comune («la gente di sera se le ritrova fin sotto casa, ce n’è una anche davanti al municipio») ha avuto l’idea di creare una zona a traffico limitato in orario notturno che blindi il centro storico e i suoi 12mila abitanti con le telecamere piazzate nei sei varchi di accesso, permettendo ai soli residenti di entrare dalle 22,30 alle 4 del mattino. Per amici, parenti o conoscenti in visita ci sarà un unico modo per scongiurare le sanzioni, che si annunciano salate ma ancora non sono state quantificate: l’ospite dovrà comunicare al comune il numero di targa dell’auto del visitatore entro le 48 ore successive. Lo stesso dicasi per hotel, ristoranti e pizzerie di Anzola che dovessero ricevere clienti fuori tempo massimo. Il sindaco precisa che la limitazione varrà solo in ingresso, dunque chi esce dal paese può andare tranquillo. Molte le critiche sulla pagina Facebook del Paese: dubbi sul rispetto della privacy, cittadini che protestano perché dovranno preoccuparsi di avvisare il Comune ogni volta che faranno una cena a casa con amici provenienti da fuori, ironie sull’eventualità, in caso di un forestiero che riaccompagni a casa un anzolese in orario proibito, di doverlo abbandonare a un check-point in compagnia delle «signorine al lavoro». Il sindaco non sembra preoccuparsi più di tanto: «Me ne aspettavo anche di più, e comunque chi risiede ad Anzola sa bene che dopo le 22,30 quelli che vengono da fuori sono, nella stragrande maggioranza, o clienti delle ragazze oppure ladri» (Giubilei, Sta).

(a cura di Roberta Mercuri)