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 2016  aprile 06 Mercoledì calendario

Il Papa volerà a Lesbo per dar conforto ai migranti

«Dio ci renderà conto di come trattiamo gli immigrati». Tre anni fa, dall’isoletta di Lampedusa, avamposto dell’immigrazione clandestina proveniente dalla Libia e dalla Tunisia, Papa Bergoglio con il dito puntato verso Bruxelles, aveva denunciato con forza la globalizzazione dell’indifferenza. L’assuefazione al dolore. L’egoismo strisciante. A tre anni di distanza, ben poco sembra cambiato. Se non peggiorato.
Osservando sgomento i chilometri di filo spinato che sono stati nel frattempo dispiegati lungo i confini macedoni, bulgari, serbi per arginare il passaggio dei siriani in fuga, Francesco ha deciso di tornare in prima linea, anzi in periferia. Tra due settimane, probabilmente il 15 aprile, volerà a Lesbo, l’isoletta greca dove è sorto uno dei campi profughi più disastrati in assoluto. Gente ammassata nel fango, l’acqua potabile che scarseggia e manca quasi tutto. Le immagini diffuse dalle televisioni e sui social, spesso accompagnate dal computo dei nuovi arrivi di clandestini provenienti dalle coste turche, sono un pugno nello stomaco.
VISITA SENZA PRECEDENTI«Dio non vuole che siano respinti. Quanto dolore quando sentiamo dire: questa gente, questi poveracci... buttiamoli fuori, lasciamoli dormire sulle strade» commentava Bergoglio alcuni giorni fa, da piazza san Pietro. In silenzio stava già pianificando il viaggio blitz in Grecia, di comune accordo con il Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo e con l’arcivescovo di Atene, Ieronymos II. Una visita senza precedenti, altamente simbolica, grondante di significati politici, quasi uno schiaffo all’egoismo degli europei. In Vaticano spiegano che l’invito a visitare Lesbo naturalmente è arrivato anche dal governo greco.
La situazione sull’isola, nonostante gli ultimi provvedimenti, resta esplosiva: secondo Save the Children su 3mila migranti, mille sono bambini, e 150 non accompagnati. Oltre ai migranti siriani ci sono naufraghi dell’Afghanistan, Iraq, Somalia. Le aree dove si concentrano le presenze, Moria e Karatepe, sono strapiene e le strutture inadatte, non sono in grado di assicurare un’esistenza dignitosa: spazzatura, cibo insufficiente, bagni sporchi.
Francesco, Ieronimos II e Bartolomeo per la prima volta si trovano uniti a combattere su uno stesso fronte. Probabilmente pregheranno anche assieme, dando prova di una compattezza inedita per i cristiani. Davanti al dramma dei profughi non sono più consentite divisioni e gelosie. I leader religiosi saranno accolti dal Presidente greco Prokopis Pavlopoulos e dalle alte autorità del Santo Sinodo che in una dichiarazione hanno scritto: «In ogni angolo del mondo arriverà un forte messaggio per risvegliare la comunità internazionale».
Si tratta di una iniziativa diplomatica e politica che varca i confini della mera azione spirituale. Sarà un pungolo per Bruxelles e i governi, divisi su come affrontare il nodo dell’immigrazione. Proprio in questi giorni è entrato in vigore l’accordo tra Europa e Turchia. I primi traghetti per riportare indietro i profughi sono salpati da Lesbos e Chios; le prime due navi dirette in Turchia, a Dikili, hanno trasportato circa 250 clandestini. Nei mesi scorsi sono stati registrati almeno 50mila sbarchi. Il governo greco ha fatto sapere che tra le persone rispedite indietro non c’è nessun richiedente asilo. Solo l’agenzia Ana ha rivelato che si tratta di pakistani, bengalesi, cingalesi e persone provenienti da alcuni Paesi africani. Molti verranno espulsi dai turchi, mentre i siriani verranno trasferiti in campi profughi dove saranno registrati. In teoria, fino al tetto di 72 mila, potranno poi rientrare in Europa.