Corriere della Sera, 6 aprile 2016
Il Gulliver europeo legato a terra dai popoli di Lilliput
Una riflessione suggerita dall’ultimo drammatico episodio terroristico: a mio parere fino a che la nostra Europa non avrà un unico Ministro degli Esteri, un unico Ministro degli Interni, un unico Ministro dell’Economia, l’UE vera non esiste. Oggi è solo un “fatto burocratico”. In altre parole se gli Stati componenti della UE non rinunciano a parte della loro sovranità, non avremo mai il sogno di molti (e anche mio): gli Stati Uniti d’Europa. È chiaro che per ragioni di spazio sono stato molto (forse troppo) sintetico, ma il nocciolo del problema rimane quello.
Silvano Boroli
Caro Boroli, Credo che la migliore classe politica europea ne sia consapevole. Le maggiori crisi degli ultimi, da quella del sistema bancario a quella dei migranti, per non parlare del terrorismo e delle relazioni con gli Stati meridionali del Mediterraneo, hanno dimostrato che nessuno Stato europeo può agire da solo. Francia e Inghilterra possono dare un colpo mortale al regime del colonnello Gheddafi, ma non possono garantire la ricostruzione politica e materiale del Paese. Gli Stati dell’Europa danubiano-balcanica possono chiudere le loro rispettive frontiere nella speranza di fermare l’esodo dei migranti che provengono dalla Grecia, ma ogni frontiera chiusa scarica sullo Stato vicino l’onere della crisi e ne allontana la soluzione. Molto è stato fatto per affrontare insieme la crisi finanziaria, ma le grandi riforme restano incomplete e non vi sarà una politica economica europea senza un ministro dell’Economia per l’Unione o, almeno, per l’eurozona. Ogni Stato affida la propria sicurezza all’Intelligence nazionale, mentre la minaccia da affrontare esige un’Intelligence europea.
Insomma, caro Boroli, tutti sanno che occorre una frontiera comune, affidata alla custodia e alla protezione di una forza di polizia meta-nazionale; che non può esservi una vera Unione bancaria se i depositi non sono garantiti da una stessa norma; che le grandi infrastrutture devono essere a carico del bilancio dell’Ue e che è arrivata l’ora di emettere obbligazioni europee. Ma ogni passo nella giusta direzione viene bloccato da una riserva, da un rinvio, da un cavillo. Sappiamo che cosa occorre fare, ma siamo incapaci di farlo.
Conosciamo anche le ragioni di questa stallo. Le tre grandi crisi – finanza, migranti e terrorismo – hanno alimentato un nazionalismo gretto e querulo che non vede al di là del proprio naso e accusa l’Unione Europea di essere la causa di ogni male. I governi dovrebbero spiegare ai propri cittadini che queste accuse sono infondate, che nell’era delle grandi potenze continentali la dimensione degli Stati nazionali europei è una garanzia d’impotenza. Ma non hanno il coraggio di farlo perché nell’Ue vi sono ogni anno almeno due o tre elezioni nazionali, e il clima elettorale non favorisce la sincerità. In questo modo il Gulliver europeo resta a terra, legato dagli infiniti laccioli dei popoli di Lilliput; e noi corriamo il rischio di non fare l’Europa proprio nel momento in cui è più necessaria.