Corriere della Sera, 6 aprile 2016
Le donne prendono più antibiotici degli uomini
Lui non riesce ad alzarsi dal letto, anche se il termometro segna soltanto due lineette. Lei continua stoicamente a fare tutto, nonostante il febbrone. Lui non vuole vedere il dottore. Lei ci va spesso, anche se poi non si cura nel migliore dei modi. Lui si preoccupa per le grane che si accumulano in sua assenza sul posto di lavoro. Lei pensa soprattutto alla famiglia che, in caso di infermità prolungata, andrebbe a rotoli. Stereotipi? Sì e no. I maschi non sono tutti uguali e le femmine neppure. Al cinema abbiamo riso per l’ipocondria di coppia di Carlo Verdone e Margherita Buy in Maledetto il giorno che t’ho incontrato, ma la medicina di genere rivela differenze significative nel modo in cui i due sessi si ammalano e si curano.
Gli ultimi dati sono usciti sul «Journal of Antimicrobial Chemotherapy» e riguardano gli antibiotici. L’infettivologa italiana Evelina Tacconelli, in forza all’Università di Tubinga, e i suoi colleghi hanno analizzato undici studi sulle prescrizioni effettuate in Italia, Danimarca, Regno Unito, Spagna, Israele, Germania, Nuova Zelanda, Svezia e Belgio. I dati coprono oltre 44 milioni di pazienti e dimostrano che le donne assumono più antibiotici degli uomini. Lei ha in media una probabilità del 27 per cento più alta rispetto a lui di vederseli prescrivere, e la forbice si allarga considerando le donne in età fertile. Alle ragazze di 16-34 anni vengono dati il 36% di antibiotici in più. Per la classe di età successiva, fino a 54 anni, si arriva al 40 per cento.
Il fenomeno interessa in particolare il trattamento delle infezioni delle vie respiratorie. Perché? «Forse contribuisce il fatto che le mamme sono più esposte dei papà alle malattie che i bambini contraggono a scuola», ragiona Flavia Franconi. La farmacologa, ora assessore alla Sanità della regione Basilicata, è la maggior esperta italiana di medicina di genere ed è stata chiamata dall’Onu per contribuire alla stesura dei documenti sul tema. Ma si possono avanzare altre ipotesi credibili. Secondo le statistiche le donne si rivolgono più spesso al medico curante, anche se non sempre ne seguono le indicazioni. Inoltre alcune ricerche suggeriscono che sentano in modo più pressante la necessità di guarire in fretta per non venir meno al ruolo di caregiver. È probabile, insomma, che insistano con il medico ottenendo più spesso l’agognata ricetta.
Anche il rapporto annuale dell’Aifa, del resto, lo conferma: il consumo di farmaci in Italia tende al rosa. L’influenza è una malattia virale e non batterica, non va curata con gli antibiotici. Ma secondo Annalisa Pantosti, dell’Istituto superiore di sanità, le donne commettono questo errore più spesso degli uomini. Poiché l’abuso di antibiotici porta alla diffusione di germi resistenti, prestare attenzione a questa disuguaglianza di genere aiuterebbe anche i maschi. C’è poi il famoso «women paradox», ci ricorda Franconi: le femmine vivono più a lungo ma si ammalano più spesso dei loro compagni. Attenzione però: il vantaggio in termini di longevità si sta riducendo, perché le donne hanno assunto stili di vita poco salutari. Fumo, alcol, scarsa attività fisica, lo stress del lavoro che si somma alle incombenze domestiche.
Ci sono differenze biologiche che rendono i due sessi diversamente vulnerabili a certe malattie e diversamente sensibili ad alcuni trattamenti, che troppo spesso sono stati testati su soggetti di sesso maschile, trascurando le esigenze di donne e bambine. Ma a contare sono anche i fattori culturali e sociali. Delle une e degli altri si occupa, appunto, la medicina di sesso e di genere, a cui sarà dedicato un convegno internazionale la prossima settimana a Matera. Questo approccio sta finalmente ricevendo la dovuta attenzione a livello scientifico ma fatica ancora a entrare nella pratica clinica, soprattutto nei Paesi latini. Anche l’università è in ritardo, basti pensare che in Italia esistono una sola cattedra dedicata (a Padova), un dottorato di ricerca (a Sassari), un master (a Potenza).