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 2016  aprile 06 Mercoledì calendario

I conti offshore svelati dai Panama Papers dicono che Gianni Infantino della Fifa somiglia troppo al predecessore Sepp Blatter

Sesso, Fifa, rock’n’roll. E vecchie abitudini. Il burocrate italo-svizzero capace di palleggiare con agilità cinque lingue, di snobbare la ricchezza dello sceicco del Bahrein Al Khalifa all’elezione Fifa del 26 febbraio scorso e di convincere 207 Paesi votanti di essere l’uomo giusto per il rinnovamento del calcio mondiale (terremotato da corruzione e arresti), spunta nella lista nera dei «Panama Papers» accusato di uno dei vizietti costati la poltrona a Sepp Blatter, il predecessore. Fosse vero, sarebbe il più clamoroso degli autogol.
Gianni Infantino da Briga, Canton Vallese, 46 anni, secondo il Guardian avrebbe firmato contratti con una società offshore per cedere diritti televisivi sotto il prezzo di mercato quand’era a capo dell’ufficio legale della Uefa, la potente Federazione europea di cui è stato segretario generale – presidente Michel Platini – dal 2009 all’inizio del 2016. Il nome del fresco numero uno della Federcalcio mondiale risulterebbe collegato con una delle società coinvolte nello scandalo; società che finora era stata ritenuta fiduciaria occulta della Fifa di Blatter e con cui invece l’Uefa aveva sempre negato di aver avuto rapporti. «Non ho mai avuto a che fare con Cross Trading né con i suoi proprietari: l’offerta dei diritti era stata gestita dal team marketing a nome della Uefa, di cui non faccio più parte» ha replicato stizzito Infantino ieri sera, impegnato in una tournée in Sudamerica per omaggiare una buona fetta dei suoi grandi elettori.
I fatti risalgono al periodo 2003-2006. In discussione i diritti di Champions League, Coppa Uefa e Supercoppa, eventi targati Uefa. Ad aggiudicarseli fu appunto l’argentina Cross Trading, che li girò al broadcaster Teleamazonas per una somma 3-4 volte superiore al prezzo in origine. Cross Trading è una fiduciaria della società denominata Full Play, di proprietà di Hugo e Mariano Jinkis, che lo scorso anno confermarono il pagamento di tangenti per milioni di dollari ai dirigenti del calcio. È l’inchiesta scatenata dal Dipartimento di Giustizia americano, e affidata all’Fbi, che il 27 maggio 2015 portò all’arresto di sette alti funzionari Fifa, la mossa che ha scatenato l’effetto-domino che ha portato, dopo 34 anni (17 da segretario generale e 17 da presidente), alle dimissioni di Blatter.
«Sono sgomento, non accetto che il mio buon nome sia messo in discussione, tanto più che la Uefa ha già rivelato tutti i dettagli di questi contratti. Quanto a me, non sono mai stato contattato da alcuna autorità in relazione ai fatti» tuona Infantino dalla Bolivia. Ma il calcio trema. La Commissione Etica della Fifa, che già aveva accusato Blatter e Platini di corruzione (entrambi sono stati squalificati per 6 anni), affila i denti: l’uomo nuovo ha tratti somatici pericolosamente simili al vecchio. È una crisi di sistema, una sola iniezione di botox non basta.