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 2016  aprile 05 Martedì calendario

In attesa della prossima pagliacciata dei potenti

La Grande Crisi mondiale del 2008, nata come economica, in corso d’opera si è arricchita di altre due crisi specificatamente europee, un’immigrazione selvaggia, un terrorismo islamico medioevale, verso le quali abbiamo mostrato la stessa incapacità.
L’impatto di questi tre tsunami di crisi sui 28 popoli europei stanno mutando le loro prospettive future, malgrado ciò, continua la nostra ubriacatura di diritti (senza doveri), stiamo aggrappati come sanguisughe a un welfare insostenibile, a uno stile di vita simil cinematografico sempre più risibile. Questa evoluzione ha via via mutato la natura delle mie analisi. All’apparenza l’unica soluzione politica risolutiva sarebbe quella di resettare l’intero establishment, prima ancora di cambiare ricetta. Finora non è avvenuto, al potere ci sono sempre gli stessi (o i loro famigli), discutono se la vecchia ricetta (fallimentare) debba essere un po’ più liberista o un po’ più statalista. Non capiamo che né l’una né l’altra sono risolutive, il «mercato», e così lo «stato», sono strutture umane, non divine, mentre le crisi sono un cancro, non esiste un vaccino che ci salvi (liberismo, statalismo, altro), ma un protocollo da applicare, con umiltà e sofferenza, caso per caso.
In questo contesto, mi accorgo che ogni giorno sto raccontando stucchevoli pagliacciate politiche, economiche, di costume.
La settimana trascorsa è stata ricchissima di pagliacciate. Quella dell’intelligence europea (aeroporto di Bruxelles chiuso per 12 giorni, causa alcuni ragazzotti islamici, terroristi non per povertà ma per noia da welfare). Del prevedibile flop del (new) «quantitative easing» che quanto più aumenta come quantità tanto più perde peso ed efficacia, pronto a farsi «helicopter money», ultima pagliacciata da disperati. Della liberazione di Palmira, senza dire che è opera di Putin e di Assad, e non dei caschi blu della cultura. Fino a scendere alla Basilicata, ove le nostre anime belle scoprono che la traduzione di lobbying è corruzione (ne riparleremo domani) e quelli che la scoprono (giornalisti, magistrati) vengono sbertucciati come autori-attori di complotti. In termini di pagliacciate, non politiche, ma di comunicazione, c’è pure un auto endorsement fra due leader che si giudicano reciprocamente due maghi della pioggia, a dispetto delle valutazioni dei sondaggisti e della borsa.
Ma la pagliacciata della settimana è stata la marcia su San Carlo Canavese di Salvini. Nella sua imbarazzante ignoranza non sapeva cosa significa per noi piemontesi «vauda canavesana», una brughiera di terre acide, dalla sofferta vegetazione, dalla quale i canavesani traggono il loro nobile Dna contadino-operaio. Non perdono Salvini di aver fatto diventare un cognome piemontese come Fornero un losco aggettivo. Mai come oggi essere all’opposizione significa disporre di un armamentario di personaggi da attaccare così ricco e diversificato, Salvini avrebbe potuto scegliere qualsiasi altro bersaglio, passato o presente, tutti discutibili, ma non Elsa Fornero. Mi chiedo, perché uno come lui, che ha capito per primo (chapeau!) la posizione da assumere verso l’immigrazione («sì ai rifugiati, no a quelli economici»), oggi adottata dagli spocchiosi paesi centro-nord europei (delegando il lavoro sporco a uno come Erdogan), sia ossessionato da una professoressa torinese che in 20 giorni ha scritto la miglior, certo la più utile legge di quest’ultimo ventennio? Con efficienze di 30 miliardi/anno per 15 anni (lo dice la Corte dei Conti), la legge Fornero mantiene ancora in vita questo sbrindellato paese.Dopo il «golpe de noantri» (fatto per telefono da due dilettanti), mai diventato tale perché Berlusconi se ne andò sua sponte, si sarebbe dovuto votare, e lasciare ai loro studi sobri professori: ci saremmo così evitati, di sicuro Monti, forse Letta e Renzi, nessuno mai eletto dal popolo.
Certo, nella legge c’era un errore da matita blu, la non valutazione di una fascia di lavoratori che sui tavoli del ministero avevano in tempi non sospetti concordato a certe condizioni la loro «uscita» dal lavoro. Se Elsa Fornero: a) avesse licenziato in tronco tutti i vertici delle direzioni generali, Inps e soci, per averla tenuta all’oscuro di ciò; b) avesse ridato (in modo rapido e tombale) i diritti a tutti quei lavoratori che li avevano in quel momento, non sarebbe nata la categoria sociologica degli «esodati di ritorno», inventata da sindacalisti e da politici bari. Quali le prossime pagliacciate che ci attendono?